Le attività stimolanti preservano l'efficienza intellettiva
e potrebbero limitare il rischio di Alzheimer
Contro
la chiusura mentale e il decadimento intelletivo degli italiani
potrebbe aver fatto di più la gloriosa Settimana Enigmistica di tante
medicine.Lo dice uno studio della Washington University di San Louis
pubblicato su
Psychology and Aging
che ha dimostrato come sottoporre per 16 settimane gli anziani a
programmi di training cognitivo e di problem solving associati a
esercizi di parole crociate o di sudoku migliori la chiusura mentale
spesso associata all’età, preservando l’efficienza intellettiva e
disponendo verso nuove esperienze, a tutto vantaggio della salute
generale e dell’aspettativa di vita. L’età media dei 183 partecipanti
era di 77 anni (il più giovane aveva 60 anni e il più vecchio 94) e
avevano mediamente frequentato la scuola per quindici anni e mezzo. Per
partecipare allo studio dovevano riportare un punteggio di almeno 24
all’MMSE (il test Mini Mental State Examination più usato nella
valutazione del deterioramento mentale senile), non essere stati colpiti
da ictus nei 3 anni precedenti, né essere sotto trattamento con farmaci
antitumorali.
15 ORE LA SETTIMANA - I
“vecchietti” hanno dovuto impegnarsi a svolgere gli esercizi loro
assegnati per almeno 15 ore alla settimana, compito per il quale hanno
peraltro ricevuto anche un compenso. All’inizio sono stati divisi
casualmente i due gruppi: 85 soggetti attivi e 98 soggetti di controllo.
Quelli del primo gruppo hanno partecipato a una settimana di lezioni
condotte dai ricercatori allo scopo di stimolare il ragionamento
induttivo focalizzato sull’apprendimento di nuove modalità di
ragionamento. Poi dovevano fare i “compiti a casa” compilando esercizi
di sudoku e parole crociate, la cui difficoltà era personalizzata in
base alle capacità di ognuno emerse dalle valutazioni condotte durante
il corso. Prima del corso specifici test avevano indicato che i soggetti
di entrambi i gruppi erano pressoché tutti allo stesso livello dal
punto di vista cognitivo, ma alla fine quelli stimolati con gli esercizi
sono risultati mentalmente più aperti a nuove modalità di ragionamento,
dimostrando per la prima volta che un trattamento non farmacologico può
mutare i tratti di personalità di un anziano, da sempre ritenuti
congelati e immutabili. Il nonno che improvvisamente decide di
iscriversi all’università infatti sorprende e può addirittura far temere
l’insorgenza di un problema organico cerebrale.
PRIMA SOLO ALCUNI FARMACI -
L’anziano va anche spesso incontro a calo dell’umore, tant’è che si
parla di pseudodemenza depressiva e finora solo i cosiddetti farmaci
noradrenergici (in sigla NARI) avevano dimostrato in questi casi uno
specifico effetto sulla risocializzazione, intesa come rimotivazione a
reinvestire nei rapporti interpersonali, in attività e oggetti di
interesse che prima erano stati in qualche modo cancellati dalla
malattia. La riabilitazione psicosociale è un evento complesso che
presuppone la riacquisizione di aspetti di funzionamento psicomotorio,
di atteggiamenti positivi, di modalità di pensiero migliorate rispetto a
una condizione di inibizione depressiva precedente. Aver ottenuto
questo effetto senza farmaci apre una vasta gamma di nuove opportunità
terapeutiche anche se lo studio non ha chiarito se ciò sia derivato
dalla partecipazione alle lezioni di trainig cognitivo o dall’esecuzione
giornaliera degli esercizi da svolgere a casa oppure da entrambe le
cose messe insieme.
LA PET CONFERMA - Un altro studio pubblicato sugli
Archives of Neurology dalla
California University di Berkeley ha dimostrato, usando la PET
(tomografia a emissione di positroni) che nel cervello di chi ha sempre
svolto attività cognitive stimolanti come leggere o anche solo fare
parole crociate ci sono meno placche di amiloide, la sostanza che
rappresentano la stimmata della malattia di Alzheimer. Lo studio è
stato condotto su 55 anziani (età media 76 anni) senza sintomi di
demenza di Alzheimer, 10 con diagnosi di Alzheimer e 11 ventenni sani di
controllo. Pur non smentendo la possibilità di un effetto a breve
termine di apertura mentale come quello osservato dai colleghi di Saint
Louis, i ricercatori di Berkely ritengono che l’effetto di freno sulla
formazione di amiloide sia invece a lungo termine. Per migliorare la
cognitività da vecchi bisogna cominciare da giovani e quindi mettetevi
sotto a leggere libri e a fare sudoku e parole crociate.
Cesare Peccarisi
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