Importante l'alimentazione della madre. Fenomeno
in crescita: la patologia riguarda un bambino su quattro
In
Italia il 25% dei bambini ha problemi di allergia. Vent’anni fa ne
soffriva solo il 7%. «Lo stile di vita occidentale fa aumentare le
allergie, — spiega Walter Canonica, direttore della Clinica pneumologica
dell'Università di Genova — per una serie di ragioni». Non si può,
cioè, dare la colpa a un singolo fattore, che si tratti
dell’inquinamento o delle migliori condizioni igieniche, ma piuttosto a
un insieme di elementi: entrano per esempio in gioco anche i mutamenti
dei profili familiari. «Le famiglie dei laureati hanno più figli
allergici, quelle meno numerose anche (i figli successivi al primo sono
più protetti)» puntualizza Alessandro Fiocchi, direttore del reparto di
Pediatria dell’Ospedale Macedonio Melloni di Milano e presidente del
VI Milan International Meeting on Paediatric Allergy.
«C’è anche una relazione fra reddito procapite di un Paese e allergie —
prosegue l'esperto —. In Albania sono molto meno frequenti che da noi,
ma quando gli albanesi vengono qui le sviluppano. Un dato che sottolinea
come i fattori ambientali giochino un ruolo importante».
L'insieme di questi fattori agirebbe favorendo in
qualche modo un cambiamento del nostro sistema immunitario, che sarebbe
spinto a rispondere in modo anomalo a stimoli «innocenti». È grazie
alla migliore conoscenza dei fattori coinvolti e, soprattutto, dei
meccanismi che ne sono alla base, che gli esperti stanno mettendo a
punto nuove strategie per cercare di prevenire le allergie. Alcune
strategie sono ormai consolidate: è certo che bisogna smettere di fumare
durante la gravidanza ed evitare di esporre i neonati al fumo, che è
importante l'allattamento al seno per almeno sei mesi e che
l'introduzione di alimenti solidi dovrebbe avvenire a partire dai 4-6
mesi di vita. Ma vengono esplorate altre strade: per esempio, sono stati
studiati i fattori alimentari che nel corso della gravidanza possono
diminuire il rischio di avere un figlio allergico. Fra questi, la dieta
mediterranea viene considerata in generale protettiva. Un ruolo
favorevole sarebbe svolto da acidi grassi polinsaturi, micronutrienti e
vitamine, in particolare la D, la C e la E. Anche l'esposizione
all'inquinamento ambientale durante la gestazione potrebbe rappresentare
un fattore negativo, così come l'uso di alcuni farmaci (antiacidi,
paracetamolo, antibiotici) e lo stress della futura mamma.
Grazie alle migliori conoscenze dei meccanismi che intervengono
facendo virare la risposta dell'organismo verso le allergie, si sta
cercando il modo di prevenirne l’insorgenza, modulando la risposta
immunitaria, in pratica favorendo uno sviluppo equilibrato del sistema
immunitario, evitando così un suo sbilanciamento verso la risposta
allergica. «Le nuove conoscenze sull'immunità innata spiegano perché
alcuni farmaci, come gli immunomodulatori batterici, possano funzionare —
chiarisce Fiocchi —. Ci sono dati sull'intervento con queste molecole
nel trattamento dell'asma e nuove indicazioni vengono da uno studio
condotto a Berlino sulla prevenzione delle allergie». Un ulteriore mezzo
con cui si sta cercando di prevenire lo sviluppo delle allergie è
rappresentato dai probiotici. «In uno studio condotto su bambini la
somministrazione di probiotici si è dimostrata efficace nel ridurre la
percentuale di eczema, ma non quella di allergie alimentari — precisa
Alessandro Fiocchi —. Funzionerebbero attraverso un meccanismo
antinfiammatorio: il probiotico agisce su particolari recettori, specie
di serrature dell'immunità naturale, ri-orientando lo sviluppo
dell'immunità verso la produzione di anticorpi corretti». Si tratta -
va comunque sottolineato - di osservazioni che si stanno accumulando, ma
che, almeno per il momento, non consentono ancora di trarre conclusioni
definitive. «L'unico intervento con documentazione scientifica
consistente — puntualizza l'esperto — è il ricorso alle "formule"
ipoallergeniche, a base di idrolisati delle proteine del latte, che
riducono le probabilità del bambino di diventare allergico al latte, ma
non ad altri alimenti».
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