giovedì 23 febbraio 2012

Matteo, il disagio in una bottiglia «Resta solo la voglia di sognare»

Ai tempi di Facebook e degli sms, ritrovato nelle acque dell'Adda un foglio scritto a mano da un ragazzo 

 

LODI - Quando hanno visto la bottiglietta di vetro che dondolava sul bagnasciuga lungo la riva dell'Adda, le Guardie ecologiche del Parco Adda Sud sono andate a raccoglierla. Pensavano fosse immondizia lasciata da qualche maleducato, invece tra le mani si sono trovati una richiesta di aiuto. Un messaggio in una bottiglia sigillata, scritto non da un naufrago abbandonato su un'isola deserta, ma da un giovane che si sente senza speranze. Il foglio, strappato da un quaderno a righe e firmato Matteo da Lodi, porta la data del gennaio di quest'anno e frase dopo frase disegna uno scenario di disillusione.
IL BIGLIETTO - «Non molto tempo fa ero sicuro delle mie scelte, certo di poter andare lontano, ma adesso la dura e fredda verità è venuta a galla. Quello che avevo immaginato e costruito mese dopo mese, anno dopo anno, si è dissolto come un castello di sabbia. E al suo posto è apparsa solo la paura. Quella di rendersi conto di aver sprecato la propria vita per costruire qualcosa che non esiste». Secondo Clara Bacchini, una dei due volontari che ha scoperto la bottiglia, in località Val Grassa, a scrivere il messaggio è un ragazzo giovane, forse ventenne. «La scrittura è da ragazzo, l'ha confermato un grafologo - spiega -. Questa storia mi ha colpito, forse perché anche se sono un po' più grande, anch'io in questi anni ho provato la tristezza di lavori che non mi davano soddisfazione».
IL LAVORO - Matteo da Lodi sottolinea lo stesso concetto. E scrive: «Non so quanti siano i giovani che come me hanno sacrificato tanto per lo studio e adesso si trovano a fare lavori neanche immaginati. Mi sento rassegnato e sconfitto dal nostro sistema, che purtroppo non lascia molta scelta a chi ha bisogno di farsi un futuro». Ma alla fine, come il naufrago della canzone dei Police, anche Matteo, giovane lodigiano sulla cui identità resta il mistero, ritrova la speranza: «Becchiamo le briciole che ci vengono lasciate e non abbiamo neanche le ali per volarcene via, ma c'è una cosa che nessuno potrà mai toglierci, la nostra voglia di sognare». Una lezione su cui riflettere, in questi tempi di crisi, di Facebook e di sms spesso inutili.
Caterina Belloni

1 commento:

  1. Nel tempo in cui operiamo, nel bene o nel male e questo lo devono dire gli altri, a mio avviso non è mai un tempo perso. Nell'azione del fare il soggetto è consapevole della trasformazione che c'è per opera del suo sapere e del suo fare. Quindi, qualcosa l'ha prodotto, si da il caso che in questo operare abbiamo ormai acquisito, per un concetto di materialismo, che ci deve essere un tornaconto.
    Ho appreso dell'epilogo, purtroppo non felice, di un aiuto prestato con altri a "qualcuno" (non importa il nome o il colore della pelle) che aveva bisogno. In quei momenti di "da fare" c'è sempre stata l'intenzionalità del bene. Se oggi la stampa di questo disgraziato ne parla male per il male che ha arrecato ad altri, non vuol dire che il "mio castello di carità" è andato a carte quarant'otto. I sogni, a volte non sono sempre a lieto fine e proprio in questo, penso dovremmo fortificare il nostro carattere ( le prove cui veniamo sottoposti, la croce più piccola o più grande da portare...) accettando ogni cosa: bella o buona che sia perchè in un "di segno" superiore c'è sempre la vera unica spiegazione e che non ci sarà mai data di conoscere.
    C O R A G G I O forse è questa la strada che dobbiamo percorrere con le salite e le discese, i ciottoli e i grossi macigni che lungo il percorso incontreremo.

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