C'era una volta...
"Un re! diranno subito i miei piccoli lettori.
"No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno."
E'
l'inizio di un capolavoro, della più celebre delle fiabe italiane,
Pinocchio, la storia di un burattino di legno che diventerà uno dei
personaggi letterari più famosi al mondo. Il suo inventore, Carlo
Lorenzini, in arte Carlo Collodi, è sepolto qui, nel cimitero
monumentale di Firenze a San Miniato al Monte:"Le porte Sante". Di
fronte alla sua cappella di famiglia, a guardare quel ferro battuto,
quelle tende bianche messe a protezione dei curiosi, a sentire l'odore
della pietra serena, avresti voglia di vedere non lontano da te un
burattino che salta, che corre fra una lapide e l'altra rincorso dal
custode del cimitero, arrabbiato e sudato, che grida:"Oh, figliolo,
fermati...che direbbe i' tu babbo se ti vedesse correre fra le tombe dei
generali e degli scrittori famosi?". Pinocchio continuerebbe a correre e
magari romperebbe qualche croce di marmo vecchio e graffierebbe qualche
baffo solenne e dimenticato. Pinocchio è vivace, è malato di curiosità ,
è generoso, è distruttivo, è crudele. Pinocchio è tutto ciò che
l'Italia post-Unità detestava come modello per i bambini: siamo fra il
1881 e il 1883. Guai a parlare di furti, di povertà , di voglia di
vivere, guai a viaggiare in una regione povera, piena di furfanti e
briganti, gente affamata che cercava di vivere con tre torsoli di pera,
come Geppetto. Oggi, quel periodo storico non esiste più, ma Pinocchio è
ancora vivo e scorrazza nella nostra fantasia suscitando in noi sempre
nuove domande e voglia di giocare e di vivere tutto ciò che viene
giudicato e moralizzato come negativo e nefasto. Carlo Lorenzini, e
forse non se l'aspettava, ha scritto una delle favole più belle e più
famose nel mondo senza disturbare nessuno. Solo i lettori del "Giornale
per i bambini". Trovarsi in questo Cimitero Monumentale del passato e
fermarsi davanti a questa piccola cappella e sapere che lì dentro riposa
una fantasia capace di inventare un burattino di legno, libero di
vivere tutto senza bisogno di sentirsi umano, suscita la riflessione che
la fantasia non può essere chiusa, allucchettata. Benedetto Croce
definì Pinocchio "il più bel libro della letteratura infantile
italiana". Dove la povertà , la crudeltà della vita, sono sconfitte da un
burattino di legno bugiardo e dispettoso, grazie alle sue curiosità . Lo
scrittore toscano crea un'invezione inaspettata: le marionette di
Mangiafoco riconoscono Pinocchio anche se, in base al racconto, non
possono averlo mai incontrato, dato che Geppetto l'ha appena liberato
dal pezzo di legno. Idea straordinaria e unica. Pinocchio, di fatto,
viene accolto da Pulcinella e Arlecchino in modo impetuoso: "Pinocchio,
vieni quassù da me - grida Arlecchino - vieni a gettarti nelle braccia
dei tuoi fratelli di legno!". Quei fratelli che rischiano di essere
bruciati pur di abbracciarlo. Non sono fratelli d'Italia, ma sono
fratelli di legno. Semplici burattini che hanno una sensibilità , che
piangono, che ridono, che accolgono, che fanno una rivoluzione, una
festa sul palco pur di sentire Pinocchio vicino a loro. In un pezzo di
legno si scopre una storia, una vita da raccontare, un mito da leggere.
Ecco ciò che ha reso immortale Pinocchio.
Il corpo di Carlo
Lorenzini è qui, in una cappella di famiglia, ma la sua fantasia ti
costringe a voltarti e a cercare la sua creatura di legno, il suo
burattino vivace e saltellante. E quel lucchetto giallo al catenaccio
della tomba, che cerca di togliere al visitatore la possibilità di
vedere e di entrare dentro, dove riposa il grande scrittore rimane lì
impotente, pesante e inutile di fronte alla vitalità e alla curiosità di
quel burattino che ancora oggi corre da una lapide all'altra ridendo a
quel pezzo di storia italiana incastrata e dimenticata nel marmo. Ma
questo può farlo solo un burattino chiamato Pinocchio.
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