giovedì 27 ottobre 2011

Il linguaggio della guarigione Cento parole d'amore

Come una poetessa ha fatto ritrovare la capacità
di esprimersi al marito colpito da un ictus


Diane & Paul: l'amore oltre la malattia
Diane & Paul: l'amore oltre la malattia
Tutto ma non questo. Non ora, non di nuovo! Così pensa Diane mentre vede suo marito Paul uscire dal bagno con lo sguardo vitreo, la bocca piegata in una smorfia. Lui le chiede «Che c'è che non va?», ma parla così male che sembra abbia in bocca delle api. Diane riconosce i segni di un ictus: sono in ospedale, Paul è ricoverato da tre settimane per un'infezione renale, il giorno dopo dovrebbe tornare a casa ma tutto sta precipitando. Diane Ackerman, naturalista e poetessa statunitense, ha raccontato l'odissea di suo marito Paul West, anch’egli scrittore e poeta, in un libro uscito di recente negli Usa, «One hundred names for love: a stroke, a marriage and the language of healing», «Cento nomi per l'amore: un ictus, un matrimonio e il linguaggio della guarigione». La scrittrice racconta come, con amore e pazienza, abbia insegnato di nuovo a parlare al marito. Dieci anni prima lo scrittore ha avuto un attacco ischemico transitorio, una sorta di "mini-ictus" che si è risolto senza strascichi; Diane ricorda i sintomi rivelatori di quel "blocco" del flusso di sangue nel cervello. Per questo, quel giorno del 2003, quando vede il viso rigido di Paul, chiede subito aiuto. Il medico arriva di corsa e domanda a Paul se può sorridere, lui non riesce; gli chiede di parlare, di sollevare un braccio, di seguire un oggetto con lo sguardo. Niente. Paul racconterà a Diane che in quei momenti era assalito da sensazioni stranissime: ogni fibra del suo essere pareva contrarsi, sentiva fischi e fruscii, aveva un sapore insolito in bocca. Gli pareva di avere le dita di cera, il suo corpo era come indurito. Paul ricorda di aver pensato «Che sta succedendo? Sono vivo. Più o meno». Non possono somministrargli il tPA, l'attivatore tissutale del plasminogeno, che se viene dato presto può sciogliere il trombo nel cervello: l'uomo è malato di cuore, ha un pacemaker e prende anticoagulanti, il tPA sarebbe rischioso. Fanno la TAC, il verdetto è inequivocabile: nel cervello di Paul piccole aree "spente" un po' ovunque. L'emisfero sinistro, nelle aree del linguaggio, è danneggiato.
Diane sa che cosa significa: «In pochi momenti, senza alcuna possibilità di tornare indietro, intere reti di neuroni erano sparite. E con loro parole, ricordi ... — scrive —. Che cosa non avrebbe ricordato più? I suoi giorni di pilota della RAF? I suoi libri? Sua sorella? La nostra storia?». Diane e Paul sono insieme da 35 anni. Un grande amore, per il quale hanno inventato parole nuove, nomignoli d'affetto: per decenni lui ogni mattina le ha fatto trovare un biglietto per augurarle buongiorno in modi sempre diversi. Le parole sono tutto per Paul, «le colleziona come perle rare» dice Diane. Ma Paul esce dalla clinica afasico: riesce a dire solo una sillaba senza senso, "mem". La ripete ossessivamente, a voce sempre più alta, stordito dalla frustrazione. Poi dirà di essersi sentito come intrappolato in una statua, in un mondo dove tutti parlavano lingue incomprensibili.
Diane non si perde d'animo. Pensa a certe specie di uccelli che ha studiato: «Alcuni "duettano" creando un canto della coppia, intercalandosi in maniera talmente precisa da far sembrare che a cantare sia un solo uccello. Quando uno dei due uccelli muore, l'altro intona entrambe le parti, per non far morire anche la loro canzone. Io ho fatto lo stesso con Paul. Ho parlato le parole di entrambi, per insegnargliele di nuovo». «Ho messo a punto i "nostri" esercizi: — racconta — divertenti, non indulgenti, basati sulla mia conoscenza dei suoi punti di forza, della sua creatività». Diane riparte da zero, insegnando a Paul parole semplici che lui possa riconoscere, come "pilota" o poeta", persuadendolo a inventarne di nuove ogni giorno. E pian piano le parole sono tornate. Le "cento parole dell’amore" riemerse in questo modo alla superficie della coscienza di Paul sono state raccolte da Diane in un'appendice del libro: alcune romantiche, altre bizzarre, «sono la testimonianza di come il cervello riesca a guarire, e di come due persone che si amano possano superare le avversità» dice.
«Il cervello ha enormi capacità di recupero e le sue funzioni sono "ridondanti", è come se per ciascuna capacità avessimo una copia di backup: se non posso più usare l'area preposta al linguaggio, al movimento o altro ma riesco a "mobilitare" zone secondarie posso ritrovare le capacità perdute, anche se spesso solo parzialmente — spiega Roberto Sterzi, direttore della Stroke Unit dell'ospedale Niguarda di Milano —. Per ritrovare le "copie di backup" bisogna puntare sulle emozioni e gli affetti. Chi ha avuto un ictus sa di non essere più come prima, ma se qualcuno gli fa capire che è ancora importante, tutte le sue risorse vengono messe in campo per cercare nuovi canali di comunicazione. Sentirsi amati è una spinta enorme alla ripresa. E questo vale per il linguaggio come per qualsiasi funzione lesa dall'ictus». Oggi Paul è tornato a scrivere e parla, pure se con qualche difficoltà: a volte si inceppa, è una "campana incrinata". Ma quella voce un po' stonata per Diane è il suono più bello che ci sia.
Alice Vigna

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