Applicazioni nel monitoraggio del glucosio nel sangue dei diabetici o per mantenere la carica dei pacemaker
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Shi e Wang, gli ideatori del sistema per produrre energia con il respiro (da University of Wisconsin-Madison) |
MILANO - Respirare dal naso per produrre energia. L'articolo recentemente
pubblicato su Energy and Environmental Science segna
un'altra tappa nell'esplorazione delle piccole grandi forme d'energia
disponibili in natura. Basato sullo sfruttamento della piezoelettricità –
la carica generata da certi materiali quando messi sotto stress – il
sistema,
sviluppato dalla University of Wisconsin-Madison,
utilizza una microcintura di plastica che, colpita da correnti d'aria
leggere come la respirazione umana, produce una carica elettrica
sufficiente ad azionare piccoli apparecchi. Quello che la cinturina di
polivinildenfluoruro (Pvdf) riesce a fare, spiega il responsabile della
ricerca, Xudong Wang, è raccogliere «energia meccanica da sistemi
biologici». L'obiettivo? Sviluppare apparecchi biomedici che potrebbero
servire per monitorare il glucosio nel sangue dei diabetici, o mantenere
la carica dei pacemaker, così da rendere superflua la loro periodica
sostituzione. Wang afferma che con i progressi della nanotecnologia e
dell'elettronica miniaturizzata il Pvdf, che è un materiale
biocompatibile, avrà un enorme potenziale di utilizzo in quanto può
sviluppare l'energia di un microwatt.
ESEMPI - Di piezoelettricità si è
parlato di recente quando una delle stazioni ferroviarie della East
Japan Railway Company, in Giappone, ha deciso di sfruttare l'
energia prodotta dai pendolari che ogni giorno, a migliaia, attraversano i tornelli.
Il progetto pilota ha visto la stazione di Shibuya, una delle più
affollate, dotarsi di uno speciale pavimento all'altezza dell'uscita:
ogni volta che un pedone lo calpestava per superare il tornello
d'ingresso, contribuiva all'accumulo di energia
human-powered,
sufficiente per alimentare almeno una parte dei consumi della stazione
stessa. Di natura completamente diversa è l'esperimento condotto dalla
Heriot-Watt University, dove un gruppo di ricerca sta valutando i
potenziali dell'urina come fonte di energia rinnovabile.
Gli scienziati del team – che per approfondire l'indagine hanno
ricevuto un finanziamento di 130 mila sterline – stanno sviluppando un
sistema per testare il suo utilizzo in pile a combustibile come
alternativa all'idrogeno, che è infiammabile, e al metanolo, che invece è
tossico. «Io sono cresciuto nella Cina rurale, e ho sempre saputo che
l'urea veniva utilizzata come fertilizzante agricolo», spiega il
responsabile della ricerca, Shanwen Tao. «Una volta diventato chimico,
studiando le pile a combustibile, ho pensato di utilizzarla in questo
processo. Al momento siamo ancora a livello di prototipo, ma se
risulterà possibile il suo uso come fonte di energia
ecofriendly e commercialmente possibile, molte persone nel mondo ne trarranno beneficio».
Elisabetta Curzel
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