Uno spazio solo per la scuola? NO, uno spazio tutto mio dove posso mettere quello che mi sembra giusto mettere. Sicuramente in cima c'è sempre la scuola, ma mi piacerebbe creare un luogo virtuale dove poter chiacchierare liberamente anche con le persone che mi vivono accanto ogni giorno, ma che spesso non riesco ad ascoltare, sorseggiando una tazzina di caffè.
venerdì 30 novembre 2012
Da Padre Sandro
Quelle impronte sulla sabbia, mi ha fatto ricordare quando arrabbiata ho pronunciato anch'io: "Signore dove eri quando avevo più bisogno di te?"
"Ero con te, non ti ho mai abbandonata, perchè in quel momento Io ti ho presa tra le mie braccia"
giovedì 29 novembre 2012
Nuova Pubblicazione
Gioco e Matematica!
E' pronta sul blog dei bambini di "A.Moro", una nuova pubblicazione, si parla di gioco, sempre di gioco, ma logico, finalizzato, stimolante e aggregante.
per vederlo:
http://spaziperbambini.blogspot.it/
E' pronta sul blog dei bambini di "A.Moro", una nuova pubblicazione, si parla di gioco, sempre di gioco, ma logico, finalizzato, stimolante e aggregante.
per vederlo:
http://spaziperbambini.blogspot.it/
Alberi secolari
per vedere gli altri spettacoli della natura
http://www.corriere.it/gallery/ambiente/11-2012/alberi/1/gli-alberi-monumentali-italiani_07333c78-3962-11e2-8eaa-1c0d12eff407.shtml#1
Perchè non c'è la nostra quercia vallonea? A Tricase si trova una vallonea enorme, dell'età di 600 anni.
http://www.corriere.it/gallery/ambiente/11-2012/alberi/1/gli-alberi-monumentali-italiani_07333c78-3962-11e2-8eaa-1c0d12eff407.shtml#1
Perchè non c'è la nostra quercia vallonea? A Tricase si trova una vallonea enorme, dell'età di 600 anni.
Come riconoscere (e gestire) la tosse: aerosol e altri rimedi
di Maria Enrica Bettinelli
La tosse è un meccanismo protettivo, con cui l’organismo cerca di liberare la trachea o i bronchi dalla presenza di sostanze che tendono a ostruirli (catarro, cibo che va per trasverso) o a irritarli (come il fumo). Nelle vie aeree sono presenti i recettori dello stimolo della tosse, che vengono attivati dalle sostanze irritanti e fanno partire il riflesso della tosse, che è l’emissione, brusca e sonora, di aria attraverso le vie respiratorie e la bocca. Come riconoscere i vari tipi di tosse?
La tosse non è una malattia, ma un sintomo dovuto a molte cause diverse e quindi quello che si deve cercare di capire in presenza di tosse è la causa del disturbo.
Se ci sono altri sintomi presenti (febbre, congestione, presenza di catarro, particolari rumori all’ascoltazione del torace) è possibile sospettare una malattia infettiva delle vie respiratorie (influenza, raffreddore, bronchite acuta, polmonite) o un fenomeno allergico (asma). La tosse può essere di diverso genere e sapere di che tipo è può essere utile per indirizzarci verso la malattia più probabile. La tosse può essere: secca, stizzosa, senza catarro in caso di un’infezione virale iniziale, fumo o allergia; catarrale (fase che di solito segue quella stizzosa); abbaiante (tosse da foca o da cagnolino) in caso di laringite; con fischio o sibilo in caso di asma; convulsa (tosse violenta con accessi) in caso di pertosse. Se la tosse di tipo secco o catarrale si accompagna a muco giallo o verdastro e dura da più di due settimane, occorre sospettare una sinusite.
Nei bambini piccoli, soprattutto quelli che frequentano i nidi o le scuole materne, particolarmente nei primi anni, la tosse catarrale, nei mesi invernali, è la risposta alle prime infezioni virali (ricordiamoci che esistono più di 70 virus che causano il raffreddore e che l’immunità a questi infezioni non è permanente). Se il bambino è vispo, gioca, mangia e riposa regolarmente, anche se tossisce di notte, non bisogna preoccuparsi.
Come gestire la tosse nel bambino? La tosse è un sintomo che infastidisce il bambino (non lo fa dormire, a volte gli provoca il vomito) e che preoccupa i genitori, ma in realtà è un meccanismo generalmente utile per eliminare il catarro. Il catarro (o muco) è una sostanza vischiosa prodotta da alcune ghiandole che si trovano nelle vie respiratorie, che è utile perché lubrifica le vie respiratorie, ingloba virus, batteri, sostanze irritanti e inquinanti facilitandone l’eliminazione da parte di cellule, come i globuli bianchi.
Quindi il catarro anche se può essere fastidioso, non va mai represso, ma va reso fluido per favorire l’eliminazione con i colpi di tosse. Talvolta il bambino vomita sotto il colpo di tosse e nel vomito si può vedere anche del muco. Non ci si deve allarmare, in quanto il bambino ha eliminato in questo modo il catarro che si è prodotto. A volte si può osservare che il muco viene eliminato anche con le feci.
L’aerosol è utile? È importante aiutare il bambino facilitando l’espulsione del catarro, per esempio rendendolo più fluido. L’acqua è il più importante mezzo per fluidificare il muco e quindi in caso di tosse è consigliabile far bere molti liquidi meglio se caldi (per esempio tisane o latte dolcificati), fare i lavaggi nasali con fisiologica e fare aerosol con acqua fisiologica. Il miele, somministrato a cucchiaini, dopo il primo anno di età, specie prima di andare a dormire, possiede un’ azione calmante.
È importante anche umidificare l’ambiente (umidità giusta è 40-60%), senza aggiunta di sostanze balsamiche che talora sono irritanti. L’umidificazione ambientale è particolarmente utile in caso di tosse abbaiante: l’ambiente saturo di vapore (per esempio il bagno con tutti i rubinetti dell’acqua calda aperti al massimo) assicura l’idratazione ottimale delle vie respiratorie.
Se il bambino o i genitori sono allergici alle muffe (acari), è meglio non umidificare l’ambiente per non favorire la proliferazione degli acari. È importante aerare bene gli ambienti: l’aria di casa deve essere sempre rinnovata. Eliminare l’esposizione al fumo è assolutamente una regola basilare. In caso di tosse, potrebbe essere necessario sospendere le attività sportive, in particolare all’aperto: l’aria fresca inalata rapidamente potrebbe scatenare l’accesso di tosse.
Quando è il caso di dare gli antibiotici? Per quanto riguarda i farmaci che sciolgono il catarro (mucolitici) comunemente in commercio, la loro efficacia non è dimostrata, anzi una recente nota del Ministero della Salute ne sconsiglia l’uso sotto i due anni di età. Altri farmaci agiscono sul centro della tosse a livello centrale (prodotti che contengono codeina) e sono assolutamente sconsigliati nei bambini. Solo se la tosse è molto disturbante (tosse notturna che impedisce il sonno del bambino), può essere usato al bisogno un sedativo della tosse non di tipo centrale, sempre su indicazione del pediatra.
Normalmente la tosse catarrale si risolve in una decina di giorni. In alcuni casi però il catarro potrebbe depositarsi nell’orecchio e nei bronchi, dando origine a un’otite o una bronchite. In questi casi è utile una visita del pediatra, per valutare se è necessario iniziare una terapia antibiotica.
Quando è il caso di far visitare urgentemente il bambino? È necessaria una visita urgente del pediatra in caso di tosse che si accompagna a una respirazione difficoltosa e se il bambino appare sofferente, se il bambino è piccolo e non riesce ad alimentarsi, se le labbra diventano bluastre durante l’accesso di tosse o c’è una febbre alta da qualche giorno.
Svolta social nella Chiesa: Papa Ratzinger su Twitter
Sarà il primo Pontefice twittante, 82 anni dopo l'intervento in radio di Pio XI Rcd - rcd
Il poliziotto che commuove N ew York Stivali caldi al senzatetto scalzo
Times Square, lo scatto col cellulare di una donna dell'Arizona
A quasi 400 mila persone «piace questo elemento». È la risposta degli internauti alla foto pubblicata dal Dipartimento di polizia di New York ,
il Nypd, sul suo profilo di Facebook. Il 14 novembre scorso, Jennifer Foster dell’Arizona, era in visita a Times Square, quando ha catturato col suo cellulare una scena che sul web è già diventata un successo. E che sta commuovendo gli americani.
BUON SAMARITANO - Il protagonista della vicenda è l’ufficiale di polizia Lawrence Deprimo, 25 anni di Long Island. Il gesto che l’ha reso famoso nottetempo? Non è straordinario, ma di cuore. In una notte di freddo nella Grande Mela ha regalato un paio di stivali nuovi di zecca ad un senzatetto scalzo. «Quel momento mi ha ricordato mio padre -, ha spiegato l’autrice dello scatto al New York Times -, un poliziotto di Phoenix che aveva comprato del cibo per un clochard». Foster ha spedito la foto al Dipartimento di polizia di New York che a inizio settimana l’ha caricata sul proprio profilo di Facebook. Ebbene, nel giro di poche ore, quell’immagine è stata cliccata quasi 2 milioni di volte, 20 mila sono i commenti.
SUCCESSO SU INTERNET - Intervistato dal Times, l’agente ha raccontato quella serata di pattuglia nel West Village: «Si congelava quella notte e si potevano vedere le vesciche ai piedi dell'uomo». Aggiunge Deprimo: «Benché io avessi due paia di calzini, continuavo a soffrire il freddo». I due hanno cominciato a chiacchierare; il poliziotto ha poi scoperto quale numero di scarpe portasse il senzatetto. Senza pensarci troppo si è dunque diretto verso un negozio di calzature è ha acquistato degli stivali e delle calze termiche. Costo: 75 dollari, con uno sconto del 25% anche grazie alla disponibilità del negoziante. Per quanto riguarda il clochard, Deprimo ha rivelato di non sapere come si chiamasse. Ha tuttavia detto che è stato il «signore più educato che avessi mai incontrato» rimarcando che il suo volto si è illuminato quando ha visto gli stivali. «Era come se gli avessi appena dato un milione di dollari».
domenica 25 novembre 2012
Campagna Nazionale per la lettura
La scuola e la famiglia svolgono un ruolo molto importante per far crescere futuri lettori forti. Il progetto MILLELIBRI
offre agli insegnanti tutti gli strumenti necessari per costruire e
usare la propria Biblioteca di classe dotandola dei libri più adatti ai
loro bambini.Un grande progetto nazionale per
la diffusione dei librie della lettura nella Scuola dell'infanzia e
per la costruzione della biblioteca di sezione. Vengono proposte 7 biblioteche selezionate da esperti del settore a un prezzo speciale.
A corredo una guida con consigli per gestire la propria biblioteca e
indicazioni metodologiche per lavorare in classe e in famiglia con i
libri.
giovedì 22 novembre 2012
Messico: Festival della Mongolfiera
Decine di palloni aerostatici coloratissimi hanno affollato il cielo di Leon nello stato di Guanajuato lunedì in Messico nell'ambito del Festival della Mongolfiera. Un evento in grado di attirare ogni anno circa 2 milioni di visitatori.
lunedì 19 novembre 2012
Malala, "Devo andare a scuola"
Malala, una giovane ragazza come tante in Pakistan, ma la sua storia potrebbe essere simile a quella di molte altre sue coetanee in diversi paesi del mondo. Nonostante la tenera età è oggi un punto di riferimento, suo malgrado è diventata un'icona, un simbolo della lotta, non al terrorismo o ai talebani; Malala non fa politica. La sua lotta è per i diritti che noi "occidentali" consideriamo acquisiti ed intoccabili, la libertà, l'istruzione, il diritto ad avere un futuro; diritti che nella sua terra sono un crimine. Malala con la sua battaglia non vuole cambiare il mondo, vuole semplicemente vivere una vita normale, uscire, studiare, pensare... i suoi desideri di bambina l'hanno trasformata in una combattente a difesa del futuro, il suo ed il nostro. Grazie Malala !!
domenica 18 novembre 2012
Nuovo di zecca
E' da un po' che non scrivo sul mio blog. Capita, specialmente quando la mente insegue altri pensieri, sempre scolastici (per fortuna), e siamo pressate da scadenze, da appuntamenti (piacevoli).
Ora ritorno per fare pubblicità al blog dei bambini di "A.Moro", la scuola dove insegno insieme alla mia collega Mariarosaria e dove ci piace pubblicare alcuni pezzi della nostra vita a scuola!
Una vita intensa fatta di momenti ciclici e di altri costruiti da noi, dove ci sforziamo di aiutare i bambini a scavare oltre il visibile, il percettibile grossolano per giungere a una criticità che sembra azzardata per questa età, ma che comunque orienta e porta all'abitudine all' osservare.
http://spaziperbambini.blogspot.it/
Ora ritorno per fare pubblicità al blog dei bambini di "A.Moro", la scuola dove insegno insieme alla mia collega Mariarosaria e dove ci piace pubblicare alcuni pezzi della nostra vita a scuola!
Una vita intensa fatta di momenti ciclici e di altri costruiti da noi, dove ci sforziamo di aiutare i bambini a scavare oltre il visibile, il percettibile grossolano per giungere a una criticità che sembra azzardata per questa età, ma che comunque orienta e porta all'abitudine all' osservare.
http://spaziperbambini.blogspot.it/
venerdì 16 novembre 2012
giovedì 15 novembre 2012
A Disneyland Paris il Natale è già arrivato
A Disneyland Paris il Natale è già arrivato. L'evento abbinato alla realizzazione dei sogni di 32 bambini ammalati ha dato il via alla stagione natalizia 2012, nell'anno del 20esimo anniversario
per vedere le altre foto: http://www.corriere.it/gallery/spettacoli/11-2012/disney/1/a-disneyland-paris-natale-gia-arrivato_224cdeae-2d89-11e2-9fd6-1d698914d372.shtml#1
mercoledì 14 novembre 2012
«Città per camminare», Lecce partecipa al primo progetto
L'iniziativa per essere in forma a costo zero
Itinerario tra i palazzi barocchi
Una rete di percorsi pedonali che coinvolge 32 località italiane. Per godere delle bellezze culturali e naturali che il nostro Paese offre, rimanendo in forma. Ecco «Città per camminare», il primo progetto che riporta i centri urbani a misura d’uomo e permette agli abitanti della Penisola di muoversi, praticamente a costo zero. Perché la crisi economica si fa sentire e gli italiani, già fin troppo sedentari, iniziano a tagliare proprio sugli investimenti in salute. Anche in Puglia. 4 leccesi su 10 sono infatti completamente inattivi e in 2 famiglie su 10 i genitori non riescono, ad esempio, ad assicurare l’iscrizione a società sportive ai propri figli. Grazie all’iniziativa, patrocinata tra gli altri da Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Senato della Repubblica e Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), è possibile praticare esercizio senza spendere soldi in palestre.
Basta riscoprire e apprezzare i palazzi barocchi di Lecce, passeggiando dal Castello di Carlo V fino al Duomo, passando dall’Anfiteatro e dal Palazzo del Sedile. Questa è solo una parte del tracciato inserito nel “Passaporto delle città per camminare e della salute”, pubblicazione ufficiale del progetto. «Vogliamo dare un coordinamento alle città e ai territori che hanno individuato nel camminare la risposta migliore al bisogno di movimento – commenta durante il Convegno di presentazione al Coni il prof. Renato Lauro, Rettore dell’Università di Tor Vergata – molto diffuso nel nostro Paese. Non servono prestazioni da atleta per essere in salute, è sufficiente spostarsi di più a piedi. Abbiamo quindi 32 percorsi, di diversa difficoltà, validati dai maggiori esperti mondiali di camminata. Si va dai tracciati tipicamente urbani e turistici, dedicati alla visita di centri storici o di aree specifiche della città, a tragitti che coinvolgono il territorio circostante, alle proposte naturalistiche e ambientali, sino ai percorsi più impegnativi. Uno degli obiettivi è aggiungere presto decine di altre località, allargando così ancora di più la nostra rete in tutte le Regioni».I bimbi preferiscono papà al volante
Ma le mamme sono le compagne di viaggio più divertenti.
La destinazione preferita è la casa dei nonni
A cosa pensano i bambini durante i viaggi in macchina? Si annoiano, si fidano, sono infastiditi? Come preferirebbero occupare il loro tempo per attutire le code e i lunghi tragitti? E poi: dove preferiscono recarsi? E con quale genitore, potendo scegliere?
BAMBINI IN MACCHINA - Queste sono solo alcune delle domande che sono state poste dal Royal Automobile Club inglese a un campione di mille bimbi tra i 5 e i 7 anni, interrogati su abitudini di viaggio e preferenze. Secondo il 51 per cento dei piccoli intervistati è il papà a guidare meglio, mentre il 45 per cento pensa che sia la madre, a dimostrazione che il pregiudizio (o giudizio?) sulle donne alla guida nasce in tenera età. Molto più schiacciante invece il gap di punteggio tra mamme e papà per quanto riguarda i posteggi, con un 58 per cento dei bimbi che attribuisce al padre il titolo di miglior parcheggiatore e solo il 36 per cento che ritiene siano migliori le madri.RITRATTO DEL GENITORE AL VOLANTE - Ma sono le mamme le più divertenti come compagne di viaggio secondo i due terzi dei bambini interpellati: più leggere e più propense a fare baldoria e a cantare, rallegrano spesso la prole intonando canti. Ma attenzione: quando stonano o cantano a voce troppo alta irritano non poco i giovani viaggiatori, che mettono infatti tra le cose più fastidiose proprio le stecche dei genitori. Inoltre il fatto che la mamma sia più ridanciana in viaggio non significa che sia meno litigiosa (altro aspetto che i bambini non sopportano). Sono proprio le donne infatti a scatenarsi di più negli alterchi automobilistici, sfoderando un linguaggio da camionisti che fa impallidire persino i mariti, tanto che i figli le vedono cinque volte più propense dei padri a polemizzare alla guida e a lasciarsi andare a un linguaggio scurrile.
LE COSE PIÙ SECCANTI - In particolare le peggiori abitudini dei genitori al volante viste con gli occhi dei bimbi sono: sentire musica terribile (43 per cento), stonare o cantare a voce troppo alta (34 per cento), arrabbiarsi e litigare con gli altri automobilisti (21 per cento). Infine il sondaggio rivela il passatempo preferito dei piccoli viaggiatori, ovvero sgranocchiare snack e dolciumi. Mentre la destinazione preferita non ha nulla a che fare con paesaggi mozzafiato, ma è più semplicemente la casa degli amati nonni, giudicata da un bambino su cinque la meta migliore in assoluto da raggiungere.
Emanuela Di Pasqua
domenica 11 novembre 2012
L'INFANZIA NON È PIÙ IL PARADISO TERRESTRE
Nel cervello, nel cuore dei nostri bambini , da tempo non c'è più un graduale apprendimento e una prudente interpretazione delle vicende.
Antonio Mazzi
09 Novembre 2012
Famiglia Cristiana - N.46 - Non vorrei dare tanta enfasi
all'impiccagione o al gioco tragico che ha portato alla morte un ragazzo
di dieci anni. Su certe cose più silenzio e più meditazione facciamo
meglio sarebbe per tutti. Allargo, perciò, la mia allarmata riflessione a
un'età che fino a ieri aveva i colori dell'infanzia: dolcezza,
bellezza, capriccio, iperprotezione. Una specie di paradiso terrestre su
misura. Però tra un gioco e l'altro, un regalo e l'altro, i nostri
bambini vedono, sentono, si incuriosiscono e navigano su giochi che non
sono più "giochini". I messaggi, le emozioni, le paure, le informazioni
bislacche e imprudenti si mischiano alla Prima comunione, alla collanina
con padre Pio, al ferro di cavallo della nonna e al bombardamento
emotivo e incontrollabile che li agita, li spaventa o li disturba. Il
fenomeno del bullismo, ad esempio, nasce nei primi anni della scuola
primaria. L'infanzia moderna non è più il paradiso terrestre.
Soprattutto per i bambini più sensibili o che già hanno visto genitori
dividersi, ragazzi più grandi deriderli e picchiarli, i più disparati
programmi televisivi e adulti dimentichi del loro ruolo educativo e
autorevole. Nel cervello, nel cuore dei nostri bambini, da tempo non c'è
più un graduale apprendimento e una prudente interpretazione delle
vicende disordinate, tutte ammucchiate e contraddittorie. «Quando seppe
del mio successo, mio padre sorrise, appoggiò la sua mano sulla mia
testa... Il mio corpo fu scosso e attraversato dall'influsso di mio
padre, dalla sua pace, dalla sua gioia segreta, silenziosa e
profonda...». Così il filosofo francese Michel Onfray ricorda la sua
infanzia. Fosse così anche quella dei nostri figli, forse certe
disgrazie non accadrebbero. Invece nessuno li aiuta. E loro ascoltano,
incamerano acriticamente e non dimenticano. La scuola elementare nel
secondo periodo (tra la terza e la quinta) e la scuola media dovrebbero
essere più attente a quanto accade attorno ai nostri ragazzi, e meno
preoccupate delle guerre puniche e dei teoremi di Pitagora. Stéphane
Hessel ed Edgar Morin, anziani eroi della Resistenza francese, parlano
di «una riforma dell'insegnamento che già dai primi anni apra la mente
dei giovani ai problemi fondamentali e globali del loro avvenire di
individui e di cittadini e all'indissolubile relazione individuo,
società, specie. Riconoscendo la dignità di bambini e adolescenti,
fornendo accesso all'istruzione, all'arte, all'informatica, offrendo
comprensione e affetto, diminuirebbero drasticamente i drammi che li
travolgono». Vogliamo farci un pensierino tutti? Prevenire è, ancora una
volta, il verbo vincente. • alla moviola 4 mila persone in Italia, ogni
anno, si tolgono la vita (dati del 2011). Il fenomeno dei suicidi
sembra in aumento tra i giovani: è la seconda causa di morte nella
fascia tra i 15 e i 24 anni. A togliersi la vita sono più frequentemente
i maschi, con un rapporto di tre a uno rispetto alle femmine.
venerdì 9 novembre 2012
PASTA CON RICCI DI NONNO GASPARE
Sembrerà strana questa proposta di ricetta in questo determinato periodo dell'anno, ma appena vi capita di trovare dei ricci ... PROVATELA e poi fatemi sapere
La pasta coi ricci di mare viene sempre decantata dagli amici. Sai ho mangiato al tale ristorante una pasta con ricci: squisita. E noi poveri mortali che non amiamo i ristoranti, diciamo per svariati motivi, non proviamo invidia, ma certo non restiamo indifferenti . Io adesso vi propongo una pasta con ricci che forse i migliori ristoranti la fanno uguale ma non migliore. Io l’ho mangiata da nonno Gaspare, un nostro caro amico di San Vito lo capo(Trapani). Chiaramente la ricetta è la sua.
In una padella dai bordi alti fate dorare appena, tagliati molto finemente l’aglio e il peperoncino. Versate il brandy e fumate
A parte mescolate il contenuto dei ricci, con l’ olio, e il prezzemolo tagliato piccolo.
Fate cuocere gli spaghetti secondo gusto, preferibile al dente.
Mettete la padella con il soffritto sul fuoco,versatevi la pasta al dente e ben asciutta mantecate.
Spegnete il gas e versatevi caldissima l’ olio e ricci; mescolate il tutto unite altro prezzemolo tritato e servite calda.
Quando si raccontano i propri segreti si diventa schiavi d’altri
La pasta coi ricci di mare viene sempre decantata dagli amici. Sai ho mangiato al tale ristorante una pasta con ricci: squisita. E noi poveri mortali che non amiamo i ristoranti, diciamo per svariati motivi, non proviamo invidia, ma certo non restiamo indifferenti . Io adesso vi propongo una pasta con ricci che forse i migliori ristoranti la fanno uguale ma non migliore. Io l’ho mangiata da nonno Gaspare, un nostro caro amico di San Vito lo capo(Trapani). Chiaramente la ricetta è la sua.
- Calcolate non meno di dieci ricci per persona
- Un paio di spicchi di di Nubia (aglio rosso di Trapani, ma va bene anche il nostro)
- Mezzo peperoncino rosso, se troppo riducete secondo gusto
- Olio di oliva di frantoio
- Un paio di fili di prezzemolo
- Un po’ di vino Zibibbo
- Spaghetti o fusilli
In una padella dai bordi alti fate dorare appena, tagliati molto finemente l’aglio e il peperoncino. Versate il brandy e fumate
A parte mescolate il contenuto dei ricci, con l’ olio, e il prezzemolo tagliato piccolo.
Fate cuocere gli spaghetti secondo gusto, preferibile al dente.
Mettete la padella con il soffritto sul fuoco,versatevi la pasta al dente e ben asciutta mantecate.
Spegnete il gas e versatevi caldissima l’ olio e ricci; mescolate il tutto unite altro prezzemolo tritato e servite calda.
PROVERBIO SICILIANO
Siervu d’avutri si fa cu rici i segreti ca canusci Quando si raccontano i propri segreti si diventa schiavi d’altri
“NON POSSO CHIUDERE GREEN HILL”
A
dispetto della normativa vigente, il primo cittadino di Montichiari ha
ribadito l’impossibilità di revocare l’autorizzazione all’allevamento
A
seguito dei recenti sviluppi dell’indagine sulla Green Hill 2001 srl,
il 10 ottobre scorso l’OIPA Italia Onlus ha depositato una seconda
istanza di chiusura dell’allevamento indirizzata al Sindaco di
Montichiari (BS), Elena Zanola, all’Assessore alla Sanità della Regione
Lombardia e al Ministero della Salute.
In
data 7 novembre il primo cittadino monteclarense ha inviato all’OIPA
comunicazione informando di aver inoltrato la richiesta al Ministero
della Salute, all’Assessorato Regionale alla Sanità e all’ASL, come enti
competenti a richiedere la sospensione o la revoca dell’autorizzazione
al funzionamento di Green Hill.
Tuttavia
secondo l’art.10, primo comma del D. lgs 116/92, “Il comune autorizza
l’apertura di stabilimenti di allevamento e di stabilimenti fornitori,
tiene un elenco aggiornato degli stabilimenti autorizzati e ne trasmette
copia al Ministero della Sanità nonché alla regione e alla prefettura”.
Di conseguenza salvo un’eventuale disposizione a carattere tecnico,
come ad esempio una circolare, emessa dal Ministero della Salute, il
sindaco di un comune ha la competenza sia per aprire che per chiudere
questo tipo di allevamento.
L’OIPA
ha quindi mandato un’ulteriore richiesta ufficiale al sindaco Zanola,
oltre che al Ministero della salute, all’Assessorato Regionale alla
Sanità e alla Asl competente, per chiedere conto dell’esistenza di
disposizioni a carattere normativo che esulino il sindaco dall’autorità
altrimenti prevista dalla legge.
“Vogliamo
chiarezza: se il sindaco di Montichiari non ha la possibilità, per
disposizioni di cui non siamo a conoscenza, di accogliere la nostra
richiesta di revoca dell’autorizzazione a Green Hill, ci comunichi gli
estremi di tali disposizioni - sottolinea Massimo Comparotto, Presidente dell’OIPA Italia Onlus – In caso contrario vogliamo sapere perché la nostra richiesta, ampiamente motivata, non viene accolta”.
Da
sottolineare inoltre come la sentenza del TAR Lombardia abbia, in data 8
novembre, rigettato il ricorso di Green Hill, confermando quindi la
validità della revoca della licenza come stabilimento fornitore e
prevedendo espressamente che la vigilanza per il rispetto della norma
spetti all’Amministrazione Comunale, di fatto legittimando la revoca
della licenza in seguito ad un controllo che ha accertato il mancato
rispetto della normativa.
giovedì 8 novembre 2012
Svelato il mistero dei capelli rossi
Sarebbe il tempo grigio e nuvoloso la causa di una variante genetica che regala alla capigliatura quel tipico color fulvo
Pippicalzelunghe
MILANO – «Il cielo d’Irlanda è un gregge che pascola il cielo…il
cielo d’Irlanda è un enorme cappello di pioggia», cantava Fiorella
Mannoia. E quel cielo lì, proverbiale in tutta la Gran Bretagna, avrebbe
anche molto a che fare con l’elevato numero di individui con capelli
rossi. Le persone con i capelli rossi vengono da Paesi molto nuvolosi
infatti e questo spiega come mai la Gran Bretagna sia una terra così
ricca di chiome rosse: lo sostiene un progetto specializzato nello
studio genetico di alcune variabili ereditarie che si chiama BritainsDNA
e che ha analizzato il DNA di 4mila casi di rutilismo per capire meglio
il difficile cammino che fa il gene dei capelli rossi e arrivare alla
conclusione che i capelli fulvi sarebbero semplicemente una risposta
fisiologica a un determinato clima ancestrale.
RUTILISMO - Si chiama rutilismo
(o anche eritrismo) e viene trasmesso come carattere recessivo. Ma i
geni che determinano la chioma fulva sono molto complessi. Uno dei
principali, per esempio, ha ben 40 varianti tra le quali solo sei
generano i capelli rossi. Inoltre si tratta di un gene recessivo e un
bambino, per nascere con i capelli rossi, deve ereditare ben due di
questi geni, uno da ciascun genitore. In realtà il gene dei capelli
rossi si può trasmettere anche se i due genitori non hanno i capelli
rossi, ma sono portatori del gene, oppure se uno dei due genitori ha i
capelli rossi e l’altro è portatore del gene (in questo caso le
probabilità di avere un figlio con i capelli rossi salgono al 50 per
cento). Ma il percorso ereditario dei capelli rossi è particolarmente
arduo come si intuisce. Normale dunque che i salti generazionali siano
piuttosto frequenti vista la difficoltà a tramandare questo carattere. http://www.corriere.it/salute/dermatologia/12_novembre_08/capelli-rossi-genetica_906e9a16-29a2-11e2-b082-5e60eba3a55f.shtml
mercoledì 7 novembre 2012
Vivaldi si fa in Quattro
L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Telecom Italia portano la musica negli ospedali pediatrici italiani.
Un tour di 4 tappe (Firenze, Roma, Napoli, Bologna) che vedrà i giovani musicisti della JuniOrchestra impegnati nell’esecuzione delle Quattro Stagioni di Vivaldi.
Un concerto-spettacolo interattivo, in cui i piccoli degenti saranno prima guidati da un esperto narratore nell’ascolto di una Stagione (Primavera, Estate, Autunno, Inverno) e parteciperanno poi in prima persona, suonando insieme ai musicisti. Al termine dell’esibizione, per i ragazzi che fossero stati impossibilitati a seguire lo spettacolo, la Musica si trasferirà direttamente in corsia: un’occasione preziosa per trasmettere un augurio e un messaggio di solidarietà attraverso il più universale dei linguaggi.
Un tour di 4 tappe (Firenze, Roma, Napoli, Bologna) che vedrà i giovani musicisti della JuniOrchestra impegnati nell’esecuzione delle Quattro Stagioni di Vivaldi.
Un concerto-spettacolo interattivo, in cui i piccoli degenti saranno prima guidati da un esperto narratore nell’ascolto di una Stagione (Primavera, Estate, Autunno, Inverno) e parteciperanno poi in prima persona, suonando insieme ai musicisti. Al termine dell’esibizione, per i ragazzi che fossero stati impossibilitati a seguire lo spettacolo, la Musica si trasferirà direttamente in corsia: un’occasione preziosa per trasmettere un augurio e un messaggio di solidarietà attraverso il più universale dei linguaggi.
mercoledì 7 novembre, ore 15 - Meyer di Firenze
mercoledì 14 novembre, ore 15 - Bambin Gesù di Roma
mercoledì 5 dicembre, ore 15 - Pausilipon di Napoli
mercoledì 12 dicembre, ore 15 - S. Orsola Malpighi di Bologna
mercoledì 14 novembre, ore 15 - Bambin Gesù di Roma
mercoledì 5 dicembre, ore 15 - Pausilipon di Napoli
mercoledì 12 dicembre, ore 15 - S. Orsola Malpighi di Bologna
In streaming live e on demand, fino al 31 dicembre 2013, sul sito
evvivadynamo.telecomitalia.com
e in diretta web radio su
radiodynamo.it
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martedì 6 novembre 2012
Il mondo meraviglioso della scienza
Le scienze nella scuola dell’Infanzia e nella Primaria
Come imparare a leggere e a scrivere
‘’Quando ancora non avevo imparato bene a leggere, la mia maestra Rosanna mi regalò un libro con un grosso girasole sulla copertina: era il mio primo libro! Si trattava di una serie di letture su fiori e piante e venivano proposti numerosissimi esperimenti da fare durante le diverse stagioni. Ricordo che il fascino di quel libro stava nella mancanza di risposte. Non veniva cioè spiegato quale sarebbe stato il risultato dell’esperienza proposta, ma accompagnava solo nella sua preparazione, lasciando la sorpresa al bambino. Giocavo a far germogliare semi, in condizioni strane, e ne osservavo lo sviluppo. Per me era un gioco dal fascino irresistibile ‘’. Questo brano, tratto dalla tesi della Dott.ssa Sabrina Gamboni in Didattica delle Scienze Naturali dell’Università di Urbino, esprime con chiarezza le strategie da usare coi bambini della Scuola dell’Infanzia e delle Elementari nella didattica delle Scienze.
Joseph D. Novak, professore Emerito della Cornell University e ricercatore anziano dell'Institute
for Human and Machine Cognition dell'Università della West Florida, propone un percorso che
sembra rispettare perfettamente il punto di vista descritto sopra. Nella sua opera si limita, infatti, a suggerire domande e percorsi da seguire, finalizzati alla comprensione dei fenomeni, che fanno quotidianamente parte del mondo osservato dai bambini. Egli presenta una serie di domande, le stesse che ogni bambino si pone tante volte durante la propria infanzia. Non ci sono però le risposte del libro a tali interrogativi. Le risposte le troverà il bambino, dopo l’investigazione e dopo aver discusso i risultati con gli altri allievi e con la maestra. Un noto ricercatore ritiene che l’insegnamento efficace delle scienze è tutta una questione di metodo. Ma quale metodo ? Quello di interrogare il mondo che ci circonda con semplici indagini sperimentali, come sostiene Novak, oppure il metodo della scoperta del quale vagheggia una certa pedagogia ? '' Forse l'idea più importante, sostiene Joseph D.Novak, è il crescente riconoscimento del fatto che la conoscenza non si scopre, come l'oro o il petrolio, ma piuttosto viene costruita da esseri umani che operano in un contesto sociale. Di conseguenza, la nuova conoscenza è gravata da tutte le limitazioni che si applicano alla costruzione umana dei
significati ‘’. Le conclusioni pedagogiche a questo diverso metodo di insegnamento delle scienze nella scuola primaria le ha scritte Howard Gardner.
‘’La qualità di questi primi anni di vita è cruciale. È stato osservato che i bambini, che nell’infanzia hanno l’opportunità di scoprire molte cose sul proprio mondo, e possono farlo in modo facile ed esplorativo, sembrano accumulare un inestimabile “capitale di creatività” su cui potranno contare per tutta la vita. Al contrario, quelli che vengono ostacolati nelle proprie attività di indagine libera e costretti a muoversi soltanto in una direzione, o quelli in cui viene inculcata l’idea che la risposta giusta è una sola e che il compito di stabilire quale essa sia spetta esclusivamente alle persone dotate di autorità, hanno possibilità molto più scarse di riuscire a muoversi con autonomia. La scuola dovrebbe sviluppare nei giovani quelle doti e capacità che possono servire al benessere della comunità. Ma questo non significa che debba distruggere la personalità individuale e che l’individuo debba diventare uno strumento della comunità, come l’ape o la formica.”
Gli studenti e gli insegnanti, che guardano e valutano il lavoro degli scienziati, hanno capito intuitivamente che la scienza si basa più sul ‘’fare’’ che sul ‘’leggere’’. Simili idee naif contrastano con le opinioni dei ricercatori più avveduti i quali, giustamente, ritengono che la scienza non possa essere ‘’fatta’’ senza le attività basilari della lettura e della scrittura. Gli insegnanti responsabili prudentemente fanno seguire, dopo le attività manuali, sessioni interamente dedicate alla lettura e alla scrittura. E’ una prassi assai convincente e produttiva, che il nostro progetto di sperimentazione vuole favorire. Il curricolo scientifico diventa così il canovaccio, la trama per la costruzione del solido tessuto delle competenze di base, specialmente nella lettura e nella scrittura, senza trascurare il calcolo matematico e la sua logica formativa.
Come imparare a leggere e a scrivere
‘’Quando ancora non avevo imparato bene a leggere, la mia maestra Rosanna mi regalò un libro con un grosso girasole sulla copertina: era il mio primo libro! Si trattava di una serie di letture su fiori e piante e venivano proposti numerosissimi esperimenti da fare durante le diverse stagioni. Ricordo che il fascino di quel libro stava nella mancanza di risposte. Non veniva cioè spiegato quale sarebbe stato il risultato dell’esperienza proposta, ma accompagnava solo nella sua preparazione, lasciando la sorpresa al bambino. Giocavo a far germogliare semi, in condizioni strane, e ne osservavo lo sviluppo. Per me era un gioco dal fascino irresistibile ‘’. Questo brano, tratto dalla tesi della Dott.ssa Sabrina Gamboni in Didattica delle Scienze Naturali dell’Università di Urbino, esprime con chiarezza le strategie da usare coi bambini della Scuola dell’Infanzia e delle Elementari nella didattica delle Scienze.
Joseph D. Novak, professore Emerito della Cornell University e ricercatore anziano dell'Institute
for Human and Machine Cognition dell'Università della West Florida, propone un percorso che
sembra rispettare perfettamente il punto di vista descritto sopra. Nella sua opera si limita, infatti, a suggerire domande e percorsi da seguire, finalizzati alla comprensione dei fenomeni, che fanno quotidianamente parte del mondo osservato dai bambini. Egli presenta una serie di domande, le stesse che ogni bambino si pone tante volte durante la propria infanzia. Non ci sono però le risposte del libro a tali interrogativi. Le risposte le troverà il bambino, dopo l’investigazione e dopo aver discusso i risultati con gli altri allievi e con la maestra. Un noto ricercatore ritiene che l’insegnamento efficace delle scienze è tutta una questione di metodo. Ma quale metodo ? Quello di interrogare il mondo che ci circonda con semplici indagini sperimentali, come sostiene Novak, oppure il metodo della scoperta del quale vagheggia una certa pedagogia ? '' Forse l'idea più importante, sostiene Joseph D.Novak, è il crescente riconoscimento del fatto che la conoscenza non si scopre, come l'oro o il petrolio, ma piuttosto viene costruita da esseri umani che operano in un contesto sociale. Di conseguenza, la nuova conoscenza è gravata da tutte le limitazioni che si applicano alla costruzione umana dei
significati ‘’. Le conclusioni pedagogiche a questo diverso metodo di insegnamento delle scienze nella scuola primaria le ha scritte Howard Gardner.
‘’La qualità di questi primi anni di vita è cruciale. È stato osservato che i bambini, che nell’infanzia hanno l’opportunità di scoprire molte cose sul proprio mondo, e possono farlo in modo facile ed esplorativo, sembrano accumulare un inestimabile “capitale di creatività” su cui potranno contare per tutta la vita. Al contrario, quelli che vengono ostacolati nelle proprie attività di indagine libera e costretti a muoversi soltanto in una direzione, o quelli in cui viene inculcata l’idea che la risposta giusta è una sola e che il compito di stabilire quale essa sia spetta esclusivamente alle persone dotate di autorità, hanno possibilità molto più scarse di riuscire a muoversi con autonomia. La scuola dovrebbe sviluppare nei giovani quelle doti e capacità che possono servire al benessere della comunità. Ma questo non significa che debba distruggere la personalità individuale e che l’individuo debba diventare uno strumento della comunità, come l’ape o la formica.”
Gli studenti e gli insegnanti, che guardano e valutano il lavoro degli scienziati, hanno capito intuitivamente che la scienza si basa più sul ‘’fare’’ che sul ‘’leggere’’. Simili idee naif contrastano con le opinioni dei ricercatori più avveduti i quali, giustamente, ritengono che la scienza non possa essere ‘’fatta’’ senza le attività basilari della lettura e della scrittura. Gli insegnanti responsabili prudentemente fanno seguire, dopo le attività manuali, sessioni interamente dedicate alla lettura e alla scrittura. E’ una prassi assai convincente e produttiva, che il nostro progetto di sperimentazione vuole favorire. Il curricolo scientifico diventa così il canovaccio, la trama per la costruzione del solido tessuto delle competenze di base, specialmente nella lettura e nella scrittura, senza trascurare il calcolo matematico e la sua logica formativa.
Facciamo che eravamo scienziati
Abolite i paroloni, i termini tecnici, le definizioni complesse. Il
“prisma ottico triangolare” deve diventare “una speciale casetta di
cristallo che tira fuori i colori della luce” e lo scienziato va
descritto come “una persona curiosa che guarda dappertutto con gli occhi
bene aperti”. E’ il primo consiglio che il gruppo di comunicatori
scientifici riuniti nell’associazione Tecnoscienza si sente di dare agli
insegnanti delle scuole materne che vogliano
avvicinare i loro piccoli allievi alla scienza. I bambini non conoscono
lo “scientifichese”, parlano un’altra lingua piena di vocaboli che gli
adulti fanno di tutto per evitare. Ebbene sono proprio quelle le parole
che bisogna rispolverare per trovare la traduzione giusta, quella capace
di svelare in un attimo il significato che si nasconde dietro a un
suono prima incomprensibile.
Forte dell’esperienza maturata in centinaia di laboratori in tutta Italia con migliaia di bambini dai 3 ai 6 anni, l’associazione pubblica con la casa editrice Scienza Express un delizioso manuale con tanti, divertenti e ben congegnati esperimenti per vincere una sfida non facile: insegnare ai piccolissimi il metodo scientifico ancora prima dell’alfabeto.
Non vogliamo essere fraintesi. Il libro non ha niente a che vedere con i diffusi vademecum per intrattenere bambini curiosi, non è un semplice elenco di attività di laboratorio da riproporre entro le mura domestiche o scolastiche. E’ molto di più, anche se gli autori non ne fanno un vanto: è a tutti gli effetti un saggio pedagogico pratico ed essenziale che intelligentemente rinuncia a cattedratiche disquisizioni sulle modalità dell’apprendimento infantile per rivelarci subito con snelli suggerimenti i pochi ma fondamentali principi che servono per comunicare con le giovanissime menti. Una guida ragionata che indica agli insegnanti, passo dopo passo, cosa fare e cosa non fare. Operazione inedita qui da noi, dove il pragmatismo è spesso snobbato, ma sperimentata con successo nei paesi anglosassoni.
Poche regole prima di avventurarsi con la sperimentazione. Oltre a imparare la lingua dei bambini, all’insegnante viene suggerito di costruire uno spazio-laboratorio separato dalle altre attività, un luogo “istituzionale” destinato al “momento della scienza”, una zona, varcata la quale, si “diventa scienziati”. Perché i bambini amano i simboli, trovano sicurezza nei rituali e sono anche convinti che l’abito faccia il monaco. Ben vengano quindi i camuffamenti: camici bianchi, occhiali, lenti di ingrandimento e tutti gli accessori che giustifichino il nuovo appellativo di “scienziato Marco”, “scienziata Sara” e “scienziata maestra”… Indossati i nuovi panni può iniziare l’attività scientifica vera e propria.
Le schede degli esperimenti sono il cuore del libro. Indicano tutto ciò che l’insegnante deve dire e fare e gli eventuali errori che può commettere. Le tappe sono ben precisate: si parte con “la domanda clic” che scatena la curiosità dei bambini (per esempio: la pallina galleggia o non galleggia?), si passa per un preambolo (“cosa puoi dire tu”) dove sono suggerite espressioni e immagini da evocare prima che tutto inizi, si affronta “il procedimento” e si conclude con la sezione “cosa dice la scienza” dove è enunciato il principio scientifico coinvolto nell’esperimento. Il tutto facendo attenzione a non scivolare sulle pericolosissime “bucce di banana”, le cose da non fare, le azioni che traggono in inganno, i passaggi a cui prestare maggiore attenzione. Un esempio? “Dire che l’acqua che calda va verso l’alto perché è più leggera dell’acqua fredda è improprio in quanto non si tratta di un fenomeno legato al peso, ma alla minore densità”. Così lo scivolone è evitato e la corretta informazione è salva!
Forte dell’esperienza maturata in centinaia di laboratori in tutta Italia con migliaia di bambini dai 3 ai 6 anni, l’associazione pubblica con la casa editrice Scienza Express un delizioso manuale con tanti, divertenti e ben congegnati esperimenti per vincere una sfida non facile: insegnare ai piccolissimi il metodo scientifico ancora prima dell’alfabeto.
Non vogliamo essere fraintesi. Il libro non ha niente a che vedere con i diffusi vademecum per intrattenere bambini curiosi, non è un semplice elenco di attività di laboratorio da riproporre entro le mura domestiche o scolastiche. E’ molto di più, anche se gli autori non ne fanno un vanto: è a tutti gli effetti un saggio pedagogico pratico ed essenziale che intelligentemente rinuncia a cattedratiche disquisizioni sulle modalità dell’apprendimento infantile per rivelarci subito con snelli suggerimenti i pochi ma fondamentali principi che servono per comunicare con le giovanissime menti. Una guida ragionata che indica agli insegnanti, passo dopo passo, cosa fare e cosa non fare. Operazione inedita qui da noi, dove il pragmatismo è spesso snobbato, ma sperimentata con successo nei paesi anglosassoni.
Poche regole prima di avventurarsi con la sperimentazione. Oltre a imparare la lingua dei bambini, all’insegnante viene suggerito di costruire uno spazio-laboratorio separato dalle altre attività, un luogo “istituzionale” destinato al “momento della scienza”, una zona, varcata la quale, si “diventa scienziati”. Perché i bambini amano i simboli, trovano sicurezza nei rituali e sono anche convinti che l’abito faccia il monaco. Ben vengano quindi i camuffamenti: camici bianchi, occhiali, lenti di ingrandimento e tutti gli accessori che giustifichino il nuovo appellativo di “scienziato Marco”, “scienziata Sara” e “scienziata maestra”… Indossati i nuovi panni può iniziare l’attività scientifica vera e propria.
Le schede degli esperimenti sono il cuore del libro. Indicano tutto ciò che l’insegnante deve dire e fare e gli eventuali errori che può commettere. Le tappe sono ben precisate: si parte con “la domanda clic” che scatena la curiosità dei bambini (per esempio: la pallina galleggia o non galleggia?), si passa per un preambolo (“cosa puoi dire tu”) dove sono suggerite espressioni e immagini da evocare prima che tutto inizi, si affronta “il procedimento” e si conclude con la sezione “cosa dice la scienza” dove è enunciato il principio scientifico coinvolto nell’esperimento. Il tutto facendo attenzione a non scivolare sulle pericolosissime “bucce di banana”, le cose da non fare, le azioni che traggono in inganno, i passaggi a cui prestare maggiore attenzione. Un esempio? “Dire che l’acqua che calda va verso l’alto perché è più leggera dell’acqua fredda è improprio in quanto non si tratta di un fenomeno legato al peso, ma alla minore densità”. Così lo scivolone è evitato e la corretta informazione è salva!
I ricordi ci servono a immaginare il domani
Ma l'autobiografia mentale non è del tutto affidabile. Recenti studi «capovolgono» la funzione della memoria
ADATTAMENTO - L'ipotesi che la memoria non serva solo per ricordare episodi accaduti nel passato ma anche per immaginare scenari futuri sta ricevendo grande attenzione da parte dei ricercatori. Dice in proposito il professor Fabio Del Missier, del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università di Trieste, che da molti anni studia la relazione tra i processi di memoria e i processi decisionali: «È ancora presto per trarre conclusioni definitive su questo argomento, soprattutto per quanto riguarda le basi neurali di immaginazione e ricordo, ma le ricerche che sono attualmente in corso sembrano confermare l'importanza della memoria, insieme ad altri processi, anche nell'immaginare scenari futuri e nel determinare le decisioni da prendere. Senza contare il fatto che un diverso filone di ricerca ha dimostrato come i ricordi degli eventi passati possano influenzare anche i processi di giudizio e stima che sono alla base di una varietà di comportamenti della vita quotidiana. Anche se non sempre siamo accurati, nei giudizi e nelle stime, nel prevedere il futuro, possiamo comunque sostenere che la memoria è un elemento fondamentale nella nostra capacità di adattamento all'ambiente».
DATI MANCANTI - La memoria autobiografica è comunque un puzzle al quale mancano molti pezzi. Possono mancare parti importanti della vita e invece essere in bella vista parti apparentemente di nessun rilevo. È evidente come sulla base di questo meccanismo la previsione del futuro basata sulla memoria autobiografica sia da considerare un processo basato su dati mancanti, dall'esito necessariamente poco affidabile. E c'è un altro motivo a monte di tale inaffidabilità: dato che esiste una stretta correlazione tra identità e memoria autobiografica, avvengono anche continui aggiustamenti sui ricordi per far sì che siano congruenti con l'immagine che ciascuno ha di sé. Ad esempio, una persona che si considera coraggiosa tenderà a far svanire dai propri ricordi un gesto poco coraggioso. «Il senso di chi sei e di come metti in atto la tua personalità sono strettamente collegati alla memoria autobiografica» dice la professoressa Robyn Fivush della Emory University di Atlanta, che da molti anni lavora sui rapporti tra memorie infantili, identità personale e gestione interiore dei traumi psicologici. In sostanza nella mente di ciascuno esiste un filo rosso che lega il passato al presente. Gli esseri umani sono gli unici ad avere questo filo di continuità.
MEMORIE DI COPPIA - Ancora più straordinario e che possano, senza rendersi pienamente conto dell'eccezionalità di tale fenomeno, viaggiare nel tempo nella propria mente, lungo questo filo rosso che parte dall'infanzia e che non si interrompe mai, almeno finché non intervengono gravi processi patologici cerebrali. Naturalmente a sostenere questa linea del tempo interiore è l'idea stessa del tempo che passa, idea che si sviluppa molto precocemente negli esseri umani, seppure all'inizio in maniera incompleta. A due o tre anni i bambini usano termini come "ieri" o "domani", ma quando si indaga, si scopre che "ieri" si riferisce a ogni evento del passato e "domani" a ogni evento che si dovrà svolgere nel futuro. I ricordi autobiografici hanno infine la caratteristica di poter uscire dai confini della singola persona. Una ricerca condotta dalla dottoressa Amanda Barnier della Macquarie University di Sydney, che studia i meccanismi attraverso i quali la memoria seleziona che cosa ricordare e cosa dimenticare, ha scoperto che all'interno delle coppie ci può essere uno scambio o una condivisione dei ricordi autobiografici. Le coppie intervistate conservavano più ricordi dei singoli componenti la coppia, ma spesso i ricordi dell'uno erano "spacciati" dall'altro come propri, in una confusione mnemonica di cui nessuno aveva più la minima consapevolezza.
Danilo Di Diodoro
La formula dell'immortalità custodita in un'isola greca
Ikaria: i 90enni sono il doppio della media nazionale. La scoperta di un team italiano. «La genetica? Conta poco»
Stamatis Moraitis, 97 anni, nel suo orto a Ikaria (foto di Andrea Franzetta/Luzphoto)
A novantasette anni Stamatis Moraitis è ancora lì, a lavorare l'orto
dietro casa. A coltivare frutta e verdura. A bere ogni giorno il latte
di capra e il fliskouni , il tè delle montagne con foglie di menta. A
farsi le sua pennichella pomeridiana. A ritrovarsi con gli amici,
vecchietti arzilli pure loro, per giocare. Nel 1976, a Stamatis
Moraitis, negli Usa, avevano diagnosticato un cancro ai polmoni. «I
medici mi avevano dato al massimo nove mesi di vita», racconta lui al
magazine del New York Times . «Ma io sono ancora qui. Loro, i dottori, sono tutti morti». LE «ZONE BLU» - Il «qui» di Moraitis si chiama Ikarìa. Un'isoletta greca nell'Egeo di circa 10 mila abitanti dove l'aria è buona. Le strade un continuo sali-scendi. Le case bianche e basse. Ikarìa è anche una «blue zone». Non per il colore del mare. Ma perché gli abitanti superano con facilità il secolo di vita. «Abbiamo semplicemente dimenticato di morire», racconta una donna di 101 anni a Dan Buettner, giornalista scientifico che si occupa da tempo di longevità.Di «zone blu», nel mondo, ce ne sono poche. Una si trova nell'Ogliastra, in Sardegna. Altre aree sono l'isola di Okinawa, in Giappone, la penisola di Nicoya, in Nicaragua, Loma Linda, in California. Il termine si deve all'italiano Gianni Pes e al belga Michel Poulain quando nel 2000, studiando la longevità nell'Ogliastra, usavano un pennarello blu per segnare le aree ad alta concentrazione di centenari.
L'OLGIASTRA - «L'Ogliastra è la zona dove soprattutto i maschi vivono più a lungo», spiega al Corriere proprio Gianni Pes, ricercatore presso il dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell'università di Sassari. E i fattori sarebbero almeno tre: «L'intensa attività fisica legata alla pastorizia, l'inclinazione elevata del terreno, la distanza dal luogo del lavoro». Poi, certo, l'alimentazione. La scoperta della longevità degli abitanti di Ikarìa è importante «perché il territorio dell'isola e gli stili di vita sono quasi identici a quelli dell'Ogliastra», sottolinea Pes, che ha iniziato a studiare l'isola greca nel 2008-2009 insieme a Poulain e Buettner.
LO STUDIO - I ricercatori hanno controllato la sorte dei nati di Ikarìa tra il 1900 e il 1920. Poi hanno analizzato le cause di morte. Infine hanno trascorso settimane con gli anziani. Scoprendo che gli over 90enni sono più del doppio della media nazionale, che sono meno depressi e presentano tassi di demenza senile ridotti. «Tra le cause di morte, a Ikarìa come nell'Ogliastra - spiega il ricercatore italiano - le malattie cardiovascolari sono all'ultimo posto. Il contrario di quello che succede in Occidente».
NIENTE STRESS E BUONA ALIMENTAZIONE - La mancanza di stress, poi, sembra essere un altro dei fattori che aiutano a raggiungere i cent'anni di vita. «Facciamo sempre la pennichella», ha raccontato Ilias Leriadis, medico del posto. «Eppoi qui il tempo non ha importanza». Quanto al cibo, a Ikarìa si consumano molta maggiorana e salvia, menta e rosmarino, finocchio e artemisia. La colazione è a base di latte di capra, tè o caffè, pane e miele. A pranzo non mancano lenticchie e ceci, patate e verdure. Per cena, invece, si sta leggeri: pane e, di nuovo, latte di capra.
LA GENETICA NON CONTA - E il patrimonio genetico quanto conta? «Poco o nulla», risponde Pes. «Al massimo pesa per il 20-25%, ma uno studio che sto concludendo in questi giorni riduce ulteriormente l'impatto del Dna sulla longevità». Insomma, arrivare a cent'anni resta ancora una questione di stile. Di vita.
Leonard Berberi
lunedì 5 novembre 2012
L’arte del videomapping. Incantesimo di suono, video e luce
a Tolosa ha debuttato una straordinaria opera live, concepita dal genio di Romain Tardy. Ecco il video
L’arte del videomapping. Una nuova dimensione creativa che, nell’ambito delle arti elettroniche, fa ormai linguaggio a sé: ri-progettazione temporanea di un’architettura, mixando input visivi e sonori, lungo la linea oscillatoria di pause e pulsazioni ritmiche. Facciate di case, fabbriche abbandonate, chiese, teatri, grattacieli. Il corpo solido degli edifici prende a pulsare, ridisegnato dalle coreografie luminose che, nel cuore della notte, scivolano sulla superficie architettonica, insieme alla musica.Lo scorso 18 ottobre, sulla facciata principale del Museo archeologico di Tolosa, nell’ambito del “Jardins Synthétiques Festival”, ha preso vita un live straordinario. Opera raffinata e travolgente, che nell’arco di 60 minuti ha incantato il pubblico, consegnando lo spazio intorno, l’aria, l’atmosfera, a un ipnotico incantesimo iconografico.
L’autore è Romain Tardy, membro dell’eccellente visual label AntiVJ, per l’occasione in partnership con Squeaky Lobster, producer di Bruxelles. Pagan, questo il titolo del progetto, ruota intorno alla figura di un poliedro, sorta di fulcro plastico da cui si originano trasmutazioni sottili dell’immagine, in una successione di deflagrazioni siderali, intrecci di linee, costellazioni di simboli pagani. L’origine e il nucleo visivo è in realtà una piccola scultura del III secolo, una testa di baccante ritrovata verso la fine del XVII secolo, qui presenza invisibile, integrata nello schema dell’oggetto geometrico. Un gioco di slittamenti polimorfi, che tramuta il volto in segno, tra evocazione del sacro e vertigine matematica. A documentare Pagan arriva adesso un video, che prova a restituire un po’ dell’emozione sprigionata durante il live…
- Helga Marsala
Psicologia: La tristezza dei bambini: sintomo o momento passeggero?
Le cronache recenti stimolano una riflessione sui bambini e la loro
sofferenza, la loro capacità di dare un nome alle emozioni. Parlarne è
un modo per non temerle, e imparare a gestirle di Angela Dassisti
Le cronache di questi giorni invitano a riflettere. Sulle nostre famiglie, sulla nostra capacità di comunicare, all’interno della famiglia. Sulla capacità di “captare” i messaggi, qualche volta veri e propri segnali di aiuto, che ci lanciano soprattutto i più piccoli. La nascita e la crescita di un bambino rappresentano infatti per il genitore la sfida più grande. Sin dai primi giorni di vita può mostrare caratteristiche del suo temperamento e i genitori spesso sono in grado di individuare l’esatto carattere del proprio bambino già dopo poche settimane. Talvolta però nella loro crescita si verificano eventi dolorosi che potrebbero segnarli profondamente. Ma nel loro intimo come stanno davvero i bambini? Soffrono? La nascita di un fratellino, la separazione dei genitori, cambiamenti di domicilio o scuola, l’allontanamento da un caro amico possono rappresentare situazioni difficili e di maggiore vulnerabilità. Il bambino può iniziare anche velocemente a mutare alcuni aspetti del suo comportamento, che vengono imputati alla difficoltà di adattarsi o di accettare le trasformazioni. La sofferenza intensa nei bambini spesso si manifesta con irritabilità, perdita dell’appetito o del sonno, difficoltà nel controllo sfinterico, tristezza, difficoltà nei rapporti sociali, scarso interesse per il gioco e difficoltà scolastiche. Gli adulti presi da tante responsabilità si dimostrano poco preparati ad affrontare le variazioni d’umore dei bambini, lo sono maggiormente dinanzi a scarso appetito o difficoltà del sonno, poiché si verificano con maggiore frequenza e sono più evidenti.
Tuttavia la depressione infantile sempre più spesso si presenta nella vita apparentemente serena dei nostri figli, seppure risulta ancora difficilmente diagnosticabile. Bassa autostima, incertezze sulle proprie capacità, mancanza di interlocutori privilegiati, difficoltà a parlare dei propri sentimenti, violenze e familiarità per disturbi dell’umore rappresentano dei fattori di rischio importanti. Purtroppo anche i bambini provano dolore e quando sono piccoli non sono in grado di esplicitare la loro sofferenza come farebbe un adulto. I bambini, infatti, imparano a dare un nome alle emozioni e a riconoscerle su se stessi in seguito all’apprendimento che deriva dal loro sviluppo, dall’ambiente e dalla famiglia. Parlare delle emozioni con i bambini, anche quelle negative, permette loro di riconoscerle. Una pratica assolutamente naturale di raccontare storie in cui si narra del dolore e della felicità dei personaggi delle favole, permette ai bambini di entrare in contatto con emozioni quali la tristezza, la rabbia, la paura, la gioia. Spesso però nella vita reale non ci si sofferma sulle emozioni; si danno per scontate la felicità per una festa di compleanno come la tristezza per un brutto voto; meno frequentemente si pensa al significato di quella festa, alla valenza di quel brutto voto. I bambini hanno bisogno spesso delle spiegazioni e delle rassicurazioni degli adulti per leggere le situazioni e per cogliere le sfumature delle emozioni che provano. Mentre i “grandi” sono capaci di interpretare ciò che gli accade, dalla lite con l’amico alla sgridata della maestra i bambini non hanno sufficienti capacità inferenziali per ragionare sull’accaduto, al contrario hanno un pensiero egocentrico che li porta a pensare di essere la causa di ciò che accade anche agli altri. Bambini, soprattutto molto piccoli, ad esempio, potrebbero sentirsi colpevoli per la separazione dei genitori, incolparsi della preoccupazione che gli adulti provano per la scuola o per il loro futuro, se poco apprezzati possono pensare di essere inadeguati, potrebbero addirittura scegliere di non parlare della propria tristezza per proteggere i propri cari dal dolore che questo gli arrecherebbe.
Pretendere che i nostri figli parlino dei loro problemi e della loro tristezza non equivale ad ascoltarli, rassicurarli sostenerli. Sarebbe possibile insegnare loro a parlare dei propri stati d’animo spiegando la nostra felicità per una giornata bella e piena di soddisfazioni, descrivendo la delusione per aver perso la partita ma anche i tentativi di soluzione che mettiamo in atto. Esplicitare e fornire un modello ai bambini ci permette di spiegare loro concretamente come si fa a condividere i propri sentimenti, quali sono i vantaggi di farlo e la prospettiva positiva di trovare una soluzione ai problemi che li determinano. Parlare delle proprie sensazioni ai bambini rappresenta un modello per non temerle, per non vergognarsi ma per imparare a gestirle e canalizzarle in modo funzionale. In alcuni casi però non è facile, ci sono bambini che non amano parlare con i genitori e che esplicitano il proprio disagio con zii, amichetti, insegnanti o istruttori. Non importa chi sia l’interlocutore dello sfogo, l’importante è che questo avvenga e che il bambino riesca a dare un nome al malessere che prova in quel momento. È importante che i bambini si sentano apprezzati, capiti, amati, sostenuti e incoraggiati. Nei casi in cui questo non avvenga vivranno probabilmente con maggiore frustrazione gli eventi negativi e disporranno di minori capacità di affrontare situazioni spiacevoli, poiché penseranno di non esserne capaci, di essere diversi, strani, poco adeguati e deboli. Se non siamo pronti, se ci fa paura la loro paura e non siamo certi di avere un comportamento adeguato possiamo contare sull’aiuto di esperti e consigli specifici, poiché ogni bambino ha la propria storia, le proprie caratteristiche e i propri punti di debolezza. La tenerezza e il sostegno della famiglia, invece sono importanti; l’attenzione ai piccoli dettagli, ai timori, alle preoccupazioni dei bambini e dei ragazzi sono talvolta fondamentali. Sicuramente come genitori non ci è dato di tenerli lontano dai problemi o dalle difficoltà, ma possiamo sostenerli e incoraggiarli a vivere con fiducia la loro vita, poiché è preziosa, come lo sono anche i nostri bambini.
Le cronache di questi giorni invitano a riflettere. Sulle nostre famiglie, sulla nostra capacità di comunicare, all’interno della famiglia. Sulla capacità di “captare” i messaggi, qualche volta veri e propri segnali di aiuto, che ci lanciano soprattutto i più piccoli. La nascita e la crescita di un bambino rappresentano infatti per il genitore la sfida più grande. Sin dai primi giorni di vita può mostrare caratteristiche del suo temperamento e i genitori spesso sono in grado di individuare l’esatto carattere del proprio bambino già dopo poche settimane. Talvolta però nella loro crescita si verificano eventi dolorosi che potrebbero segnarli profondamente. Ma nel loro intimo come stanno davvero i bambini? Soffrono? La nascita di un fratellino, la separazione dei genitori, cambiamenti di domicilio o scuola, l’allontanamento da un caro amico possono rappresentare situazioni difficili e di maggiore vulnerabilità. Il bambino può iniziare anche velocemente a mutare alcuni aspetti del suo comportamento, che vengono imputati alla difficoltà di adattarsi o di accettare le trasformazioni. La sofferenza intensa nei bambini spesso si manifesta con irritabilità, perdita dell’appetito o del sonno, difficoltà nel controllo sfinterico, tristezza, difficoltà nei rapporti sociali, scarso interesse per il gioco e difficoltà scolastiche. Gli adulti presi da tante responsabilità si dimostrano poco preparati ad affrontare le variazioni d’umore dei bambini, lo sono maggiormente dinanzi a scarso appetito o difficoltà del sonno, poiché si verificano con maggiore frequenza e sono più evidenti.
Tuttavia la depressione infantile sempre più spesso si presenta nella vita apparentemente serena dei nostri figli, seppure risulta ancora difficilmente diagnosticabile. Bassa autostima, incertezze sulle proprie capacità, mancanza di interlocutori privilegiati, difficoltà a parlare dei propri sentimenti, violenze e familiarità per disturbi dell’umore rappresentano dei fattori di rischio importanti. Purtroppo anche i bambini provano dolore e quando sono piccoli non sono in grado di esplicitare la loro sofferenza come farebbe un adulto. I bambini, infatti, imparano a dare un nome alle emozioni e a riconoscerle su se stessi in seguito all’apprendimento che deriva dal loro sviluppo, dall’ambiente e dalla famiglia. Parlare delle emozioni con i bambini, anche quelle negative, permette loro di riconoscerle. Una pratica assolutamente naturale di raccontare storie in cui si narra del dolore e della felicità dei personaggi delle favole, permette ai bambini di entrare in contatto con emozioni quali la tristezza, la rabbia, la paura, la gioia. Spesso però nella vita reale non ci si sofferma sulle emozioni; si danno per scontate la felicità per una festa di compleanno come la tristezza per un brutto voto; meno frequentemente si pensa al significato di quella festa, alla valenza di quel brutto voto. I bambini hanno bisogno spesso delle spiegazioni e delle rassicurazioni degli adulti per leggere le situazioni e per cogliere le sfumature delle emozioni che provano. Mentre i “grandi” sono capaci di interpretare ciò che gli accade, dalla lite con l’amico alla sgridata della maestra i bambini non hanno sufficienti capacità inferenziali per ragionare sull’accaduto, al contrario hanno un pensiero egocentrico che li porta a pensare di essere la causa di ciò che accade anche agli altri. Bambini, soprattutto molto piccoli, ad esempio, potrebbero sentirsi colpevoli per la separazione dei genitori, incolparsi della preoccupazione che gli adulti provano per la scuola o per il loro futuro, se poco apprezzati possono pensare di essere inadeguati, potrebbero addirittura scegliere di non parlare della propria tristezza per proteggere i propri cari dal dolore che questo gli arrecherebbe.
Pretendere che i nostri figli parlino dei loro problemi e della loro tristezza non equivale ad ascoltarli, rassicurarli sostenerli. Sarebbe possibile insegnare loro a parlare dei propri stati d’animo spiegando la nostra felicità per una giornata bella e piena di soddisfazioni, descrivendo la delusione per aver perso la partita ma anche i tentativi di soluzione che mettiamo in atto. Esplicitare e fornire un modello ai bambini ci permette di spiegare loro concretamente come si fa a condividere i propri sentimenti, quali sono i vantaggi di farlo e la prospettiva positiva di trovare una soluzione ai problemi che li determinano. Parlare delle proprie sensazioni ai bambini rappresenta un modello per non temerle, per non vergognarsi ma per imparare a gestirle e canalizzarle in modo funzionale. In alcuni casi però non è facile, ci sono bambini che non amano parlare con i genitori e che esplicitano il proprio disagio con zii, amichetti, insegnanti o istruttori. Non importa chi sia l’interlocutore dello sfogo, l’importante è che questo avvenga e che il bambino riesca a dare un nome al malessere che prova in quel momento. È importante che i bambini si sentano apprezzati, capiti, amati, sostenuti e incoraggiati. Nei casi in cui questo non avvenga vivranno probabilmente con maggiore frustrazione gli eventi negativi e disporranno di minori capacità di affrontare situazioni spiacevoli, poiché penseranno di non esserne capaci, di essere diversi, strani, poco adeguati e deboli. Se non siamo pronti, se ci fa paura la loro paura e non siamo certi di avere un comportamento adeguato possiamo contare sull’aiuto di esperti e consigli specifici, poiché ogni bambino ha la propria storia, le proprie caratteristiche e i propri punti di debolezza. La tenerezza e il sostegno della famiglia, invece sono importanti; l’attenzione ai piccoli dettagli, ai timori, alle preoccupazioni dei bambini e dei ragazzi sono talvolta fondamentali. Sicuramente come genitori non ci è dato di tenerli lontano dai problemi o dalle difficoltà, ma possiamo sostenerli e incoraggiarli a vivere con fiducia la loro vita, poiché è preziosa, come lo sono anche i nostri bambini.
venerdì 2 novembre 2012
2 novembre
Un motivo ricorre nelle tradizioni popolari della festa dei morti: la
credenza che in questo giorno i cari scomparsi tornino a farci visita
sulla terra. Per questa ragione, i riti di commemorazione hanno assunto
in tutta Italia significati e finalità simili: accogliere, confortare,
placare le anime degli avi defunti. Se è vero che oggi il culto popolare
commemora i defunti attraverso il suffragio e la preghiera, è vero
anche che molte delle antiche usanze vivono ancora.
Una suggestiva poesia del Pascoli, La tovaglia, rende in modo tenero e suggestivo la sensazione della presenza dei cari scomparsi in casa:
Una suggestiva poesia del Pascoli, La tovaglia, rende in modo tenero e suggestivo la sensazione della presenza dei cari scomparsi in casa:
"Entrano, ansimano muti:
ognuno è tanto mai stanco!
e si fermano seduti
la notte, intorno a quel bianco.
Stanno li sino a domani
col capo tra le mani,
senza che nulla si senta
sotto la lampada spenta."
ognuno è tanto mai stanco!
e si fermano seduti
la notte, intorno a quel bianco.
Stanno li sino a domani
col capo tra le mani,
senza che nulla si senta
sotto la lampada spenta."
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