venerdì 6 aprile 2012

A Pasqua «tutti cercano gli agnelli» I più buoni sono quelli di mandorle

A Lecce li preparano le suore di clausura
nel convento del 1133, in via Conte Accardo

LECCE- Cronaca di uno shopping inusuale (ancorché pasquale). Se nel centro trafficato della città c’è la corsa all’uovo di cioccolato - ogni anno più grande, più esotico, più decorato, più sorpresato - dall’altro lato, in una parte remota del cuore antico, zero negozi solo palazzi e chiese, si ambisce alla pasta di mandorle. Non una qualunque: quella sublime, dicono. Siamo qui a verificare. Lecce, centro storico, pochi giorni a Pasqua. La facciata del monastero di San Giovanni Evangelista è ancora più luminosa sotto il sole di mezzogiorno.
Corre voce che la pasta di mandorle più buona al mondo, quella secondo ricetta tradizionale che risale a fine ’700, si faccia qui, all’ultimo piano di questo convento fondato nel 1133 dal conte normanno Accardo e abitato, oggi come allora, da una comunità di monache benedettine. Sono 24, e sono suore di clausura, come tengono le mani in pasta (di mandorle) loro, nessuno. Alla porta d’ingresso oltre la cancellata principale, in Corte Conte Accardo 4, s’affaccia una signora in abito nero. «Pasta di mandorle? Qui? No, guardi, deve andare più avanti a sinistra, troverà una piccola cancellata, è sempre parte del convento. Non le sarà difficile riconoscerla, c’è un sacco di gente in fila». È la fila degli intenditori: tanti per un posto così, pochissimi rispetto alla folla che in questi giorni s’accumula alla cassa di pasticcerie bar e supermercati. Sono arrivati qui chi col passaparola, chi per tradizione familiare. È da sempre del resto che le benedettine fanno e vendono pasta di mandorle.
Dolce che oggi fa parte a pieno titolo della cultura gastronomica del Paese, un tempo invece rientrava nella categoria dei dolci diplomatici (e costosi): nei conventi, specie del Meridione, le suore la preparavano in occasione delle feste per farne dono ai vescovi, ai prelati, ai personaggi influenti. La bravura delle benedettine di Lecce è riconosciuta ovunque; un primato che si sono conteso nel tempo con le monache teresiane di Bari, ma nella competizione, le sorelle più a Sud pare abbiano sempre primeggiato. Tanto che il tradizionale agnello di Pasqua, o il pesce che si fa a Natale, o i classici dolcetti, produzione per tutto l’anno, sono conosciuti in tutto il mondo. Confezioni con sigillo bianco e rosso del monastero di San Giovanni Evangelista partono in ogni periodo dell’anno per l’America, destinazione altre confraternite religiose e/o golosi adepti che hanno avuto la fortuna di scoprire la divina pasta in vacanza e da allora, nutrono dipendenza. E sono talmente tante le ordinazioni, che le suore hanno dovuto organizzarsi: non più a voce o per telefono - avrebbero avuto bisogno di una segreteria ad hoc - per ordinare ora basta mandare una mail (benedettinelecce@libero.it)
L’acquisto di persona però è un’esperienza. Non aspettatevi negozio, né qualcosa che possa minimamente somigliare. È una stanza, piccola, neanche luminosa. Tra il dentro e il fuori, tra le monache pasticcere e gli acquirenti golosi c’è una parete di legno rinforzata da una cancellata. Una separazione netta, fisica: c’è il mondo di qua e quello di là. E a chi sta di qua non è consentito vedere chi c’è oltre. Solo una voce: a chi tocca, chi c’è adesso, cosa desidera? E la fila risponde: un pesce di pasta di mandorle da un chilo, uno da mezzo chilo… Il dolce arriva di qua attraverso una piccola porta girevole. La chiamano la ruota, è in legno, ed è il punto di contatto tra il mondo esterno e la clausura. Nel dopoguerra, in quella ruota, tante mamme hanno abbandonato i loro bambini perché non avevano di che sfamarli. Oggi è una ruota a uso commerciale: fuori la pasta di mandorle, dentro il denaro, altro giro di porta e arriva lo scontrino. E così ogni giorno, dalle 9 di mattina alle cinque del pomeriggio. Cos’ha di speciale questo dolce? Gli ingredienti, e il dosaggio: moltissime mandorle (rigorosamente baresi) e poco zucchero; e poi cacao amaro, polvere di zafferano…Un tempo si farciva con faldacchiera, una sorta di spuma d’uovo. Oggi anche le benedettine mangiano light: all’interno, solo marmellata di pere.
Paola Moscardino

1 commento:

  1. E' mia convinzione, sempre più maturata attraverso riflessioni, che il vero calendario è quello delle lune. Certo, qualcuno mi dirà, non possiamo essere tutti "lunatici"!!!!!!!!!

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