Il lungo viaggio del Treno della Memoria volge al termine, i 760 ragazzi sono rientrati in Puglia, si sono salutato tra baci abbracci e anche qualche lacrima. «Un’esperienza che ti segna dentro, che ti fa diventare migliore e che ti fa pensare tanto», dice Giada Ruggeri alla fine del suo viaggio. «Ci ritornerei in quella città straordinaria per rivivere le emozioni che ho provato, quel dolore struggente vedendo Auschwitz – continua Giada – e poi sentirsi dire "Come stai?" e non "Come è stato?". Adesso conta tanto, ma il viaggio non è finito, è appena iniziato!».
Da Auschwitz
LA REAZIONE - «I nostri occhi hanno visto quelle baracche, quel
filo spinato. La nostra pelle ha sentito il gelo e le nostre orecchie il
silenzio. Abbiamo la responsabilità della memoria, di non rimanere in
silenzio. Abbiamo la responsabilità di combattere per tenere vivo il
ricordo e trasformarlo in impegno quotidiano, affinché la consapevolezza
degli errori del passato ci dia occhi, mani e voci per difendere il
nostro presente», ci scrivono insieme i ragazzi del gruppo «D» prima di
atterrare in Puglia. Michele Leone e Valentina Pennetta si
fermano a riflettere sulla capacità dell’uomo di poter fare male a un
suo simile: «Si dice che la perfezione sia sempre e solo nel bene, ma le
fabbriche della morte costruite dall’uomo per i suoi fratelli provano
esattamente il contrario, la perfezione del male». «Tornati. Gli occhi
la fan sempre da padrona. Lacrime in quei campi. Lacrime negli abbracci
con tutti i partecipanti nel momento dei saluti. Questi occhi oggi
avranno nuovi sguardi. E il mio Paese avrà 760 altri, nuovi, forti
Cittadini», scrive Paolo Paticchio, coordinatore dell’evento, che
ringraziamo per il suo importante contributo per questo «diario di
bordo» del «Treno della Memoria».
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