mercoledì 9 maggio 2012

Gianni Rodari di Chiara Pagliarini

Maddalena (la mamma di Gianni Rodari), ricorda la cugina Franca, esigeva il silenzio in casa per permettere al figlio, ormai adulto, di concentrarsi nel suo lavoro, quel figlio sempre fra le nuvole. E infatti troviamo in un racconto la raccomandazione della mamma al figlio Giovanni (Gianni): "Mamma, vado a fare una passeggiata - così inizia il racconto "La passeggiata di un distratto" - Va' pure, Giovanni, ma sta' attento quando attraversi la strada".
E’ davvero significativo l’atteggiamento della mamma di Gianni, soprattutto il suo modo di reagire alle distrazioni del figlio sia nei confronti dei vicini di casa che del figlio con la testa fra le nuvole, il quale torna a casa, distratto come sempre, ma felice. Ma vediamo il racconto nella sua interezza:
La passeggiata di un distratto
- Mamma, vado a fare una passeggiata.
- Va' pure, Giovanni, ma sta' attento quando attraversi la strada.
- Va bene, mamma. Ciao, mamma.
- Sei sempre tanto distratto.
- Sì, mamma. Ciao, mamma.

Giovannino esce allegramente e per il primo tratto di strada fa bene attenzione. Ogni tanto si ferma e si tocca.
- Ci sono tutto? Sì,
- e ride da solo.
È così contento di stare attento che si mette a saltellare come un passero, ma poi s'incanta a guardare le vetrine, le macchine, le nuvole, e per forza cominciano i guai.
Un signore, molto gentilmente, lo rimprovera:
- Ma che distratto, sei. Vedi? Hai già perso una mano.
- Uh, è proprio vero. Ma che distratto, sono.
Si mette a cercare la mano e invece trova un barattolo vuoto. Sarà proprio vuoto? Vediamo. E cosa c'era dentro prima che fosse vuoto. Non sarà mica stato sempre vuoto fin dal primo giorno...
Giovanni si dimentica di cercare la mano, poi si dimentica anche del barattolo, perché ha visto un cane zoppo, ed ecco per raggiungere il cane zoppo prima che volti l'angolo perde tutto un braccio. Ma non se ne accorge nemmeno, e continua a correre. Una buona donna lo chiama: -
Giovanni, Giovanni, il tuo braccio! Macché, non sente.
- Pazienza, - dice la buona donna. - Glielo porterò alla sua mamma.
E va a casa della mamma di Giovanni.
- Signora, ho qui il braccio del suo figliolo.
- Oh, quel distratto. Io non so più cosa fare e cosa dire.
- Eh, si sa, i bambini sono tutti così. Dopo un po' arriva un'altra brava donna.
- Signora, ho trovato un piede. Non sarà mica del suo Giovanni?
- Ma sì che è suo, lo riconosco dalla scarpa col buco. Oh, che figlio distratto mi è toccato. Non so più cosa fare e cosa dire.
- Eh, si sa, i bambini sono tutti così.
Dopo un altro po' arriva una vecchietta, poi il garzone del fornaio, poi un tranviere, e perfino una maestra in pensione, e tutti portano qualche pezzetto di Giovanni: una gamba, un orecchio, il naso.
- Ma ci può essere un ragazzo più distratto del mio?
- Eh, signora, i bambini sono tutti così.
Finalmente arriva Giovanni, saltellando su una gamba sola, senza più orecchie né braccia, ma allegro come sempre, allegro come un passero, e la sua mamma scuote la testa, lo rimette a posto e gli dà un bacio.
- Manca niente, mamma? Sono stato bravo, mamma?
- Sì, Giovanni, sei stato proprio bravo.

Questa mamma è davvero fantastica. Si lamenta del figlio distratto con i vicini, suscitando immediatamente in loro un istinto di protezione e di conforto verso Giovannino e verso sé stessa, ma quando infine il figlio torna a casa senza pezzi di corpo, tanto è stata la sua distrazione, la mamma gli dice: “Si, Giovanni, sei stato proprio bravo.”
In tutto questo si riconosce un’incredibile accettazione della madre per la natura del figlio. Non lo rimprovera (sa che non lo fa apposta ad essere distratto), naturalmente non lo punisce né fisicamente né psicologicamente, anzi, alla sua richiesta (Manca niente, mamma? Sono stato bravo, mamma?) senza esitare lo loda per la sua bravura.
Viene da pensare che Gianni sia stato molto amato durante la sua infanzia, e accettato per quello che era.
Le note biografiche dell’autore sono molto scarne, ma troviamo molto di lui nel suo libro “Grammatica della fantasia”, ad esempio che tipo di maestro (elementare) fosse: “...avevo in mente di tutto fuor che la scuola. Forse, però, non sono stato un maestro noioso. Raccontavo ai bambini, un po’ per simpatia un po’ per la voglia di giocare, storie senza il minimo riferimento alla realtà né al buonsenso…” (pag. 4).
Poco più avanti, ecco il suo concetto di scuola: “Nelle nostre scuole, generalmente parlando, si ride troppo poco. L’idea che l’educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere” (pag. 20).
Il ricordo del padre si perde nelle nebbie delle prime memorie, infatti Gianni resta orfano di padre a 9 anni, ma significativo appare il ritratto che ne fa lo stesso autore: "La parola "forno" vuol dire, per me, uno stanzone ingombro di sacchi, con un'impastatrice meccanica sulla sinistra, e di fronte le mattonelle bianche del forno, la sua bocca che si apre e chiude, mio padre che impasta, modella, inforna, sforna. Per me e per mio fratello, che ne eravamo ghiotti, egli curava ogni giorno in special modo una dozzina di panini di semola doppio zero, che dovevano essere molto abbrustoliti". Nella rievocazione entrano poi altri particolari, sempre rivelatori dei sentimenti di gratitudine e tenerezza del figlio: "L'ultima immagine che conservo di mio padre è quella di un uomo che tenta invano di scaldarsi la schiena contro il suo forno. E’ fradicio e trema. È uscito sotto il temporale per aiutare un gattino rimasto isolato tra le pozzanghere. Morirà dopo sette giorni, di bronco-polmonite. A quei tempi non c'era la penicillina". (tratto da Gianni Rodari Gavirate: Gli Anni Giovanili, Nicolini Editore, testo di Federica Lucchini.)
Per concludere, solo un animo sensibile e rispettoso dei sentimenti e dei bisogni dei bambini poteva concepire una poesia così densa di affetto per quelli che lui definiva “gli uomini di domani”.

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