Un secolo per "bambini", nel design, nell'arte e nei libri di tutto il Novecento
Che
i bambini siano diversi dagli adulti, e non macchine da produzione
seriale o "grandi" in miniatura, lo si è scoperto recentemente, non più
di cent'anni fa si potrebbe quasi dire. "Century of the Child: Growing
by Design, 1900-2000", è la grande mostra che sarà aperta fino al
prossimo novembre al MoMA di New York, e che indaga come è cambiato il
pensiero nei confronti dei più piccoli, dell'educazione, del tempo
libero e della cultura, nell'arco del Novecento, e come sono stati
traslate queste modificazioni sociali attraverso l'arte e il design. In
scena circa 500 oggetti, tra cui mobili, giocattoli, giochi, manifesti,
libri e molto altro ancora.
Juliet Kinchin, curatore del MoMA per la sezione architettura e
progettazione, che ha organizzato la mostra con Aidan O'Connor è partita
dalla constatazione che nessun periodo della storia umana ha
"osservato" una preoccupazione per la figura dei bambini come il 20esimo
secolo.
Anche se poi, anche in questo caso, si tratta di una storia di
paradossi. L'educazione ha fatto spesso rima con controllo, il controllo
ha fatto seguito a un'eccessiva responsabilizzazione, e poco ci si è
chiesti nel corso del secolo di che cosa i bambini avessero bisogno per
diventare membri effettivi della società. Giocando sul tema, in maniera
molto seria, la curatrice ha diviso la mostra in sette tematiche, in
ordine cronologico, ognuna delle quali racconta un "ideale" percorso
nella formazione dei nuovi adulti attraverso il mondo del design e degli
oggetti: dal razionalismo dei programmi educativi che usavano anche kit
didattici pieni di oggetti di varia forma fino alla pittura, in cui il
bambino era considerato, alla stregua dei pazzi, come l'unico "libero"
presente sulla terra, esseri che hanno bisogno di esprimere i loro
impulsi ed immaginazioni, non sempre allineati con gli adulti e i
modelli borghesi di comportamento. E poi modelli per mobili per i più
piccoli di Giacomo Balla, sedie e scrivanie in versione ridotta firmate
dagli artisti di De Stijl, anche se non manca una "rassegna" sugli
orrori della guerra, con documenti sui piccoli soldati tedeschi e
giapponesi, soprattutto.
Poi il consumismo e il bambino con bisogni e desideri che nemmeno
sapeva di avere prima del loro innesco da parte dei media, fino ai
costumi da astronauti, le pistole degli anni '60 e il Game Boy di
Nintendo del 1989, in uno stuolo di progetti e oggetti che hanno
talvolta anche "saccheggiato" la fantasia infantile per alzare i trend
di mercato.
La mostra chiude con una nota dolente: una breve sezione su campi
da gioco, che include un modello realizzato dello scultore Isamu
Noguchi, celebrità a New York, del 1961. Ai progettisti si richiede
sicurezza a livelli tali che ai bambini sono negate le libertà di
esplorare e testare le proprie abilità, con uno spazio di "rischi"
ridotto al minimo e una tutela da "campana di vetro" che ha fatto sì che
la virtualità abbia trovato il suo campo più fertile proprio
nell'infanzia. Ora si accende la sfida per i progettisti del XXI secolo.
In una mostra didattica, molto più per i genitori che per i figli.
Nessun commento:
Posta un commento