venerdì 24 giugno 2011

Il coraggio di chiedere aiuto quando dentro qualcosa si spezza


agenzia Laura Ronchi


giu
23
"Non ho motivi per stare. Non posso stare male", si ripete Sara


di Paola Di Caro

Diciamo che si chiama Sara. E’ sulla quarantina, ha una vita “normale”. Non ha subito lutti, lacerazioni, la perdita del lavoro, malattie gravi. Ha un marito, ha figli, ha amici che le vogliono bene. Fatica molto, certo, non ha tempo, nè particolari svaghi, nè troppi entusiasmi. Anzi, passano i giorni e sente di averne sempre meno, di entusiasmi.

E’ stanca. A volte è assente. Vorrebbe dormire, comunque non essere lì. Spesso, non sa nemmeno cosa vorrebbe. Continua a stare dietro ad ogni suo dovere, non lascia nulla di incompiuto, è sempre stata così e vuole continuare ad esserlo. Ma tutto le appare come una altissima montagna da scalare. E giorno dopo giorno, qualcosa che non conosce e non vorrebbe conoscere le sta accanto. Dentro. E lei sta male. Si chiede perchè, e non sa darsi risposte: “Non ho motivi per stare male. Non posso stare male. Non devo stare male”. Ma nonostante i suoi sforzi, Sara sta peggio. Non vuole permettersi debolezze, ma è sempre più debole.

Comincia così, per molte donne ma anche per un numero sempre maggiore di uomini, quel disagio sottile prima, profondo poi, inquietante e drammatico infine, che gradualmente, senza aiuto, può sfociare nella depressione. Male del secolo? Difficile da dire. Un dato su tutti, quello del rapporto Censis: il consumo degli antidepressivi, dal 2001 al 2009, è salito del 114%. Qualcosa significherà.

Ma non è dalle cifre che si ottiene risposta ad una domanda che molti di noi, almeno in alcuni momenti della vita, si fanno: quando ci si sente come Sara, quando non basta l’uscita serale a sorpresa, il film che riesci finalmente ad andare a vedere, il week-end al mare ambito da mesi a spazzare via quella cosa che non è solo malinconia, che prende mille forme – paura, fobia, ansia somatizzata in tachicardia, sudori, attacchi di panico, pianto improvviso, disinteresse verso tutto e tutti, pensieri di morte, stanchezza insuperabile – quando non c’è parola che ti convinca a resettare il cervello e ricominciare come se niente fosse, cosa si può fare?

Non esiste una ricetta. A Sara sono stati prescritti prima blandi ansiolitici. Poi antidepressivi leggeri. Le è stato consigliato svago, riposo, vacanza. E’ servito a poco. Finchè un amico non l’ha accompagnata in un luogo dove qualcuno le ha saputo prendere la mano – umanamente, professionalmente, fermamente – per accompagnarla piano piano a superare quella linea che le sembrava l’estremo limite entro il quale la salvezza era possibile.

Sara ha trovato una brava terapeuta. Ha saputo chiedere aiuto. Non si è vergognata e non ha temuto di passare per o per perditempo-e-soldi in crisi di mezza età rivolgendosi ad uno psicologo.

Un lusso? A parte che esistono centri specializzati nell’ascolto e nell’aiuto a chi vive problemi psicologici di vario genere, e spesso operano gratuitamente, e comunque esiste sempre il Servizio sanitario Nazionale, un lusso è anche una vacanza, un massaggio, un cambio d’abiti di stagione, un cellulare di ultima generazione. Comunque, nel caso di Sara, era una necessità. E oggi Sara sta meglio.

Sara potrei essere io, Sara è molte donne e uomini che hanno letto questo post. E che magari hanno voglia di condividere qualche esperienza, qualche emozione. Dire come si sentono, se hanno trovato l’aiuto che cercavano, se hanno consigli da dare, pensieri da regalare.

http://www.corriere.it/

Nessun commento:

Posta un commento