martedì 31 luglio 2012

L'infanzia è in mostra al MoMA

Un secolo per "bambini", nel design, nell'arte e nei libri di tutto il Novecento

Che i bambini siano diversi dagli adulti, e non macchine da produzione seriale o "grandi" in miniatura, lo si è scoperto recentemente, non più di cent'anni fa si potrebbe quasi dire. "Century of the Child: Growing by Design, 1900-2000", è la grande mostra che sarà aperta fino al prossimo novembre al MoMA di New York, e che indaga come è cambiato il pensiero nei confronti dei più piccoli, dell'educazione, del tempo libero e della cultura, nell'arco del Novecento, e come sono stati traslate queste modificazioni sociali attraverso l'arte e il design. In scena circa 500 oggetti, tra cui mobili, giocattoli, giochi, manifesti, libri e molto altro ancora.
Juliet Kinchin, curatore del MoMA per la sezione architettura e progettazione, che ha organizzato la mostra con Aidan O'Connor è partita dalla constatazione che nessun periodo della storia umana ha "osservato" una preoccupazione per la figura dei bambini come il 20esimo secolo.
Anche se poi, anche in questo caso, si tratta di una storia di paradossi. L'educazione ha fatto spesso rima con controllo, il controllo ha fatto seguito a un'eccessiva responsabilizzazione, e poco ci si è chiesti nel corso del secolo di che cosa i bambini avessero bisogno per diventare membri effettivi della società. Giocando sul tema, in maniera molto seria, la curatrice ha diviso la mostra in sette tematiche, in ordine cronologico, ognuna delle quali racconta un "ideale" percorso nella formazione dei nuovi adulti attraverso il mondo del design e degli oggetti: dal razionalismo dei programmi educativi che usavano anche kit didattici pieni di oggetti di varia forma fino alla pittura, in cui il bambino era considerato, alla stregua dei pazzi, come l'unico "libero" presente sulla terra, esseri che hanno bisogno di esprimere i loro impulsi ed immaginazioni, non sempre allineati con gli adulti e i modelli borghesi di comportamento. E poi modelli per mobili per i più piccoli di Giacomo Balla, sedie e scrivanie in versione ridotta firmate dagli artisti di De Stijl, anche se non manca una "rassegna" sugli orrori della guerra, con documenti sui piccoli soldati tedeschi e giapponesi, soprattutto.
Poi il consumismo e il bambino con bisogni e desideri che nemmeno sapeva di avere prima del loro innesco da parte dei media, fino ai costumi da astronauti, le pistole degli anni '60 e il Game Boy di Nintendo del 1989, in uno stuolo di progetti e oggetti che hanno talvolta anche "saccheggiato" la fantasia infantile per alzare i trend di mercato.
La mostra chiude con una nota dolente: una breve sezione su campi da gioco, che include un modello realizzato dello scultore Isamu Noguchi, celebrità a New York, del 1961. Ai progettisti si richiede sicurezza a livelli tali che ai bambini sono negate le libertà di esplorare e testare le proprie abilità, con uno spazio di "rischi" ridotto al minimo e una tutela da "campana di vetro" che ha fatto sì che la virtualità abbia trovato il suo campo più fertile proprio nell'infanzia. Ora si accende la sfida per i progettisti del XXI secolo. In una mostra didattica, molto più per i genitori che per i figli.

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