giovedì 29 settembre 2011

Notizie che fanno bene al Paese

Sono tornate le api (la poesia è salva)


'Natura morta', Jan Van Kessel, 1680
"Natura morta", Jan Van Kessel, 1680
Amo moltissimo il miele. Tutto il miele: il miele d’acacia, di castagno, di timo, di trifoglio, di lavanda, di menta, di salvia, di corbezzolo, di tiglio. Non c’è nessun dolce che lo eguagli: o solo, forse (ma non ne sono sicuro), la marmellata d’arancio inglese. Amo l’ape, che mi sembra la figura simbolica centrale della natura: il segno della metamorfosi vivente, che anima e trasforma le cose che ci circondano, e trasforma noi stessi nel corso dei mesi e degli anni. Ma l’ape, a differenza degli uomini, non trasforma ciecamente: non cambia in miele l’erba, la pianta, lo sterco, qualsiasi fiore; in un caso produce il miele d’acacia, nell’altro quello di castagno, nel terzo quello di tiglio. Come sapeva Omero, l’ape e il miele si possono paragonare soltanto ai grandi poeti e alla grande poesia: Dante era un’ape, Petrarca un’ape, Shakespeare un’ape, Leopardi un’ape. Tutti i poeti, fino ai tempi moderni, l’hanno saputo: scrivere poesia è l’esperienza della liquidità: Pindaro beveva acqua - acqua di una sorgente, acqua dell’oceano, prima di comporre versi. Pindaro e Orazio preferivano il miele. Tutto è liquido, dolce, mobile, amabile nella poesia - anche le cose più tragiche -, perché ha sapore di miele.
Quando possedevo una casa nella campagna toscana, un contadino aveva disposto in fondo al giardino quattro arnie, dove le api .....
http://www.corriere.it/cultura/11_settembre_28/elzeviro-citati-sono-tornate-api_b5c0d968-e9a8-11e0-ac11-802520ded4a5.shtml

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