venerdì 8 febbraio 2013

Non sappiamo più educare?

Scuola Genitori: tre noti specialisti anticipano i temi delle loro «lezioni» nella Sala della Provincia

Genitori nella sala della Provincia in via CorridoniGenitori nella sala della Provincia in via Corridoni
MILANO - La sala della Provincia, in via Corridoni, 530 posti, era piena. Sul palco, però, non c'erano vip o personaggi dello spettacolo, ma un pedagogista piacentino, Daniele Novara, che gira l'Italia con un format speciale: «la Scuola Genitori». L'idea di «riportare» sui banchi di scuola mamme e papà serpeggia da tempo in Europa. Grande clamore, lo scorso anno, per i corsi di «parenting» fortemente voluti da David Cameron, primo ministro del Regno Unito, che con flemma britannica aveva sottolineato: «È ridicolo che si passino ore e ore a imparare a guidare o a usare un computer e quando si ha un figlio si debba improvvisare. Si può e si deve insegnare anche ad essere buoni genitori».

Gli errori educativi delle nuove generazioni di mamme e papà sono un tasto dolente. Novara rivela di aver pensato a una scuola «niente compiti né lavagna, solo incontri con specialisti» dopo alcuni sondaggi realizzati dal suo istituto, il Centro Psicopedagogico per la Pace e la Gestione dei Conflitti. Lo scenario emerso dalle risposte era desolante: bambini ancora nel lettone fuori tempo massimo, in prima elementare; bambini di cinque anni che cenano davanti alla televisione; bambini incapaci di restare in silenzio mentre parlano gli adulti. «Negli ultimi dieci anni si è creato un default educativo - dice - bisogna correre ai ripari».

Dopo Bergamo, Cuneo, Genova, l'Alto Garda, il percorso di orientamento «Scuola Genitori- Fare squadra per educare i figli» è approdato, per la prima volta, anche a Milano. Il calendario, dopo l'avvio di Daniele Novara, prevede tre incontri, uno al mese da febbraio ad aprile. In cattedra tre fra i più noti esperti di psicologia infantile: Silvia Vegetti Finzi, Gustavo Pietropolli Charmet, Fulvio Scaparro.

Il primo appuntamento, con Silvia Vegetti Finzi, è il prossimo giovedì. Tema della serata: «I figli tirannici: istruzioni per l'uso». «Oggi la famiglia ha poco tempo per stare insieme, si disperde dopo la prima colazione e si ritrova solo di sera - racconta la psicologa - Il tempo diventa così prezioso che si rinuncia ad educare, a dire no, a spiegare. Una scorciatoia per evitare musi lunghi e discussioni, ma che mette, di fatto, tutti i membri della famiglia su uno stesso piano». Il risultato? Piccoli che crescono spaesati, senza l'idea del cosa è giusto fare e cosa no, non abituati alla disciplina e quindi in difficoltà appena varcano la soglia della scuola. La soluzione? «Semplice: i genitori devono essere autorevoli, le regole ci vogliono. Poche e non contraddittorie. E se vengono trasgredite ci vuole la sanzione, proporzionata al fatto commesso e all'età. Senza queste sponde, che contengono l'ansia e danno sicurezza, si lascia campo libero all'onnipotenza infantile. Che, dilagando, genera tirannia».

La nuova figura paterna, così distante da quella autoritaria di poche generazioni fa, è al centro dell'incontro «La funzione del padre nei compiti evolutivi dei figli» condotto dallo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet il 7 marzo. «Ci sono papà molto accudenti ma poco normativi - sottolinea subito lo specialista - La qualità della relazione è alta, ma la morbidezza eccessiva non fornisce ai figli la mappa regolativa del vivere. Si sono liberati dai modelli del passato ma faticano ancora a sviluppare un'azione educativa sicura». Sotto i riflettori anche gli ideali eccessivi. «Sul figlio così amato e valorizzato - sostiene - il rischio di una proiezione elevata è molto alto. Il risultato appare durante l'adolescenza: le aspettative non corrisposte provocano delle grandi fragilità».

Il 4 aprile, infine, Scuola Genitori porta tra i banchi il tema del progetto educativo che non deve interrompersi dopo una separazione. Il concetto è chiaro: «mamma e papà» è per sempre. A parlarne sarà Fulvio Scaparro, lo psicoterapeuta che ha diffuso in Italia la mediazione familiare. «Conflittualità molto aspre mettono a dura prova la possibilità di riconoscersi ancora nelle reciproche funzioni educative - ammette - Ma i compiti genitoriali rimangono, anche se l'amore finisce. Il rancore va superato, attivando nuove risorse, per evitare di travolgere i figli che necessitano di sicurezza e continuità».

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